Esiste il treno dei deportati e ci sono i nazisti. In questa storia, però, gli obiettivi e gli esiti sono differenti: si corre per la salvezza e si ottiene la vita.
L’invenzione straordinaria è quella di un folle ebreo che, sapendo dell’arrivo dei nazisti, decide di mettere in salvo il proprio villaggio con una grandiosa idea: “un finto treno di deportati”, in cui tutti gli abitanti del villaggio stesso intraprendono un viaggio di liberazione per la Palestina. È proprio lui, Shlomo, il folle, a raccontare la storia, e a mettere in moto la strategia di speranza e redenzione del popolo ebreo.
È così che gli ebrei del piccolo villaggio si mettono in moto, organizzando la propria spedizione nei minimi dettagli: se i nazisti deportano gli ebrei, saranno loro stessi a deportarsi dividendo il treno per scompartimenti di ebrei e falsi nazisti. È il rabbino a prendere le redini della situazione in mano e a scegliere i compiti per ciascun cittadino: Mordechai diviene il comandante del treno e capo nazista, apprendendo la pronuncia tedesca e, l’impresa della conduzione del treno, viene affidata a un macchinista intellettuale e inesperto che riuscirà a far partire il treno e condurlo sui binari della salvezza. L’ intera società si adopera nella riparazione del treno e nella fabbricazione di divise naziste fino al giorno in cui finalmente tutti riescono a partire. Durante il viaggio la comunità ebraica continua ad assolvere i propri compiti, dando vita a una società ambulante, con i propri intrecci e i propri scontri, risolti sempre dal filo conduttore del desiderio di vita.
Treno per la vita, film di Radu Mihaileanu, inneggia alla liberazione, a un destino diverso; la caratterizzazione dei personaggi giunge ad una ilarità mai banale, con profondità di emozioni esaltata dalla musica di Goran Bregovic e la fuga ebraica è solo quella di un popolo, come può essere quello gitano, in fuga dalle stragi, dalle discriminazioni, dalle deportazioni.
Gli esiti della storia possono sempre cambiare se ci sono due occhi, come quelli di Shlomo, che guardano a un altrove, a una possibilità di volo. E il finale, a gran sorpresa, chiude il cerchio iniziato dalle parole iniziali del racconto di Shlomo: « Glielo ha lasciato fare, Dio li ha lasciati fare. – Vedi, guardami – ha detto – Guarda, tu sei già pazzo – …come lavare gli occhi insudiciati, gli occhi che hanno visto troppo. Gli uccelli che saltellavano, cantavano, si sono zittiti, volati via per sempre, rifiutando di tenerci compagnia a noi uomini. […] Un giorno noi viaggeremo nello spazio, al di là del tempo, adesso lo so. Lo spazio non è più nei nostri cuori e noi andremo a cercarlo altrove».