È stato inaugurato ieri, alle 17.30 presso l’aula magna dell’Istituto Marcelline di Lecce, il ciclo di sei incontri-dibattito dedicati al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, organizzati dal Comune di Lecce e dall’Università del Salento con il patrocinio dell’Azione Cattolica Italiana – Arcidiocesi di Lecce e il Gruppo RCS.
La kermesse dal titolo “Il Mezzogiorno nell’Italia Unita” è stata aperta con l’atteso intervento del professore ordinario di Storia Moderna presso le Università Federico II e Suor Orsola Benincasa di Napoli, nonché editorialista del Corriere della Sera, Giuseppe Galasso, e ha visto la presenza del professore Gianni Donno, nelle vesti di coordinatore e ideatore della serie di incontri, del Sindaco della città di Lecce, Paolo Perrone, e del Presidente dell’Azione Cattolica Italiana – Arcidiocesi di Lecce, Massimo Vergari.
L’intervento del professore Galasso, dal titolo “Il Regno delle Due Sicilie: realtà e mito” ha ridisegnato gli eventi che si sono susseguiti dai primi dell’Ottocento fino al 1861, anno dell’Unità d’Italia, mirando a sfatare i miti che hanno avuto vita negli ultimi anni.
Uno dei principali obblighi per ogni storico, ma in minor misura di qualsiasi uomo con un certo piglio critico, è, secondo il professor Galasso, quello di non cedere al fascino dei miti, ma di analizzarne la loro provenienza. La storia ci insegna che nascono sempre a posteriori, e non fanno che riferirsi ai problemi del momento in cui prendono forma per poter prendere distanza da essi. E cosi il revival del periodo borbonico, che mai come in questi ultimi anni convince una grande fetta dell’opinione pubblica, non è che una sapiente trasfigurazione dei problemi attuali in veste storica.
La questione meridionale, tema caldo da anni, viene spesso collegato all’Unità d’Italia, e il Risorgimento, pietra miliare della nostra Storia, viene tacciato come primo spettatore incurante. Ma, come il professore, sottolinea, l’inferiorità economica e di sviluppo del Meridione non ha avuto inizio dopo il 1861, bensì già sotto l’effigie del Regno delle Due Sicilie; e il Risorgimento non ci è stato imposto dai Piemontesi, ma è stato fortemente voluto dai nostri antenati, senza il cui apporto probabilmente ora non saremmo Italiani.
Chi suole assegnare al Regno borbonico il titolo di periodo di benessere e ricchezza non fa che elencare alcuni primati tra cui quello della costruzione della prima nave a vapore, un premio internazionale ricevuto all’Esposizione di Parigi, un valore importante della moneta e una debolissima tassazione. Ma dietro a questi aspetti di indubbio fascino si nascondono degli elementi che solo attraverso uno studio approfondito della storia economica dell’epoca si possono smascherare: i primati, infatti, non sono così fondamentali se non gli si assegna anche il valore della continuità, in tal modo restano, infatti, dei casi isolati che poco giovano al sistema socio-economico.
Nessuna “leggenda nera dei Borboni”, volendo citare le parole dello stesso professore, ma solo dovere di cronaca che porta a riconoscere la loro insufficienza storica, così come “nessuna leggenda aurea del Risorgimento”, ma giusto e doveroso riconoscimento del valore dell’Unità d’Italia.
Non manca certo un riferimento alla situazione attuale, e alla minaccia del federalismo, sul quale il professor Galasso ci rassicura così: “Fare l’Italia non è stato semplice, ed costato tanto ai nostri antenati, e dividerla ora sarebbe un quasi impossibile reato”.