La Roma “non tira”; se poi ci mettiamo il giocare di venerdì sera, appare in qualche modo conseguenziale che sugli spalti si contino poco più di diecimila presenze. Gli assenti non hanno perso una occasione di assistere ad una bellissima partita; tutto mediamente piacevole tranne il risultato
giacchè i tre punti vanno alla Roma dopo che il Lecce, in svantaggio, aveva conseguito il prezioso pareggio svanito ad una manciata di minuti daltermine.
La partita si avvia a passo di danza; la Roma sembra interpretare un minuetto, la palla gira tra centrocampo e difesa in attesa della fiondata improvvisa a cercare Borriello, sotto guardia rigida, e il Lecce staziona in atteggiamento vigile in attesa di situazioni propizie. Stilisticamente tutto apprezzabile, pericolosità sotto i tacchetti, e il tempo scorre. Il più ispirato è Mirko Vucinic, a suo agio negli ampi spazi a ridosso della facia laterale e poco servito: la Roma”non tira”pubblico e non tira verso l’ noperoso Rosati; l’unico tiro pericoloso è di Cassetti al 25°; un diagonale che sfila a fil di montante.
La Roma comincia ad osare di più: Mirko pesca in area Taddei con una apertura dosata, ma il sombrero tentato da Taddei abortisce. Cassetti esce per infortunio (29°) accompagnato da applausi, dentro Juan, Burdisso si sposta a destra.
Mirko, lo sapevamo, ci sa fare: alla mezzora si invola, guida la palla con la riconosciuta maestria e dalla linea dei sedici metri dipinge un destro destinato alla faccia interna del palo, portando dunque in vantaggio i capitolini; e secuzione per palati esigenti! Lecce pericoloso con Giacomazzi al 36°: pescato da un buon taglio di Olivera cerca il “lob” di testa trovando la deviazione di Doni in angolo. In chiusura di tempo Corvia rileva Grossmuller, si và all’intervallo con la Roma in vantaggio.
La Roma ha tenuto basso il ritmo senza che il Lecce aggredisse come in altre partite abbiamo avuto modo di apprezzare; accenna a farlo nei primi minuti della ripresa mettendo in conto qualche rischio che comunque bisogna correre per riagguantare il risultato. Sotto il profilo stilistico e del palleggio la Roma è, se così si può dire, di un’altra parrocchia; il Lecce dovrebbe opporre ritmo, pressione e velocità; c’è un po’ di tutte queste cose ed infatti Doni deve lavorare al limite del miracoloso per sventare una girata di testa di Corvia egna di una sorte più favorevole: la Roma vacilla più volte, ma non cade. Non cade neanche per qualche dubbio intervento in area; interventi su cui l’arbitro sorvola. A fine gara De Canio reclamerà ben tre calci di rigore non concessi.
La Roma non cade al 20° quando Corvia spedisce un siluro a fil di palo, larghetto! Brighi per Taddei al 25°, non cambia la geometria della Roma, aumenta di qualcosa la densità in zona centrale. Mexes scherza col fuoco, Olivera gli ruba palla appena fuori area, ma niente da fare: la Roma si piega, si contorce, si igarbuglia, ma non si spezza, almeno fino al 30°.
Questa volta niente può Doni sull’incornata di Giacomazzi proprio all’incrocio: il pareggio è cosa fatta! Esce Rispoli, scelta tecnica, entra Cevanton; Lecce votato al conseguimento del successo pieno, Montella sostituisce Mirko con Menez.
Ad un minuto dal termine c’è però un bracio gialloros so (dei nostri) che tocca palla in area: Munari non ha, non può avere modi, attitudini e comportamenti da difensore puro, non lo è mai stato, si oppone al colpo di testa di Borriello col braccio alto quasi a coprire maggior spazio, ed infatti è il suo braccio a deviare la traiettoria della palla.
Calcio di rigore che Pizarro trasforma con freddezza.
Sussurri e grida, tra i tifosi, a fine gara; qualcuno osserverà che la ambiziosa ricerca dei tre punti(con tre punte ed un difensore in meno) ha portato a perderne uno decisamente prezioso. Sarà per certo il “senno del poi”; forse, ma anche un tantino di “senno del . . .durante”; senza offesa naturalmente!
E’ innegabile che, ad un certo punto della ripresa, la Roma stesse sulle gambe, ma è anche probabile che cercasse di risparmiare energie per il prossimo impegno di coppa. In ogni caso prudenza suggerisce che con gente come Borriello fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.