La Rochefoucauld definiva l’ipocrisia come “la simulazione estesa all’ambito degli atteggiamenti morali o dei rapporti sociali ed affettivi”. Nella considerazione che in guerra difficilmente si può parlare di rapporti affettivi, rimangono comunque i rapporti morali e sociali che non possono essere messi impunemente da parte.
Eppure, alla luce di quello che è sotto gli occhi di tutti, sembra che ormai vi sia una assuefazione a procedere secondo gli interessi personali e non secondo i canoni previsti. Esistono quindi massacri di serie A per i quali si è pronti ad intervenire e massacri di serie B per i quali c’è solo da arrangiarsi. Come spiegarsi, infatti, casi recenti come il Bahrein, lo Yemen, la Cecenia, il Tibet per non parlare di Somalia, Darfur e quanto c’è in giro nel mondo? Ma per la famosa assemblea che tutto può e tutti deve garantire c’è la Libia ed il suo capo ( di serie A perché c’è il petrolio ) che fino ad un mese fa la stessa assemblea aveva promosso come uno stato in grado di giudicare gli altri in merito al riconoscimento dei diritti umani.
Come non evidenziare l’ipocrisia di chi non ha il coraggio di ammettere che in Libia c’è una guerra non dichiarata e c’è una risoluzione ONU che prevede una cosa mentre sul campo se ne fa un’altra? Come non intravedere l’ipocrisia di chi sfilava in nome di un “pacifismo” di facciata ed improvvisamente si è defilato al punto che, come dice Raffaella Bolini responsabile internazionale delle Arci, una delle sigle più attive del movimento arcobaleno, si sarà costretti ad approfittare della manifestazione per l’acqua pubblica per poter mettere anche qualche accenno alla guerra in Libia?
Più passano i giorni e più ci si rende conto che l’ONU ha vestito da azione umanitaria i bombardamenti a tappeto e questo ha cominciato a creare uno sconcerto, ed è dir poco, anche nei belligeranti o cobelligeranti, come nel nostro caso. Si comincia ad intravedere chiaramente come la Francia stia disperatamente cercando di soppiantare l’ENI in Libia sostituendola con la TOTAL cui sta dando una mano consistente la Gran Bretagna con la sua BP che deve rifarsi delle perdite subite durante il disastro ambientale provocato davanti alle coste degli Stati Uniti. Ma la coesione comincia a vacillare; la Lega Araba, la Norvegia, l’Italia ed anche gli USA chiedono che il comando passi alla Nato, la Turchia, che fa parte della Nato, si oppone all’intervento anti Gheddafi, la Russia, la Cina, l’India ed il Brasile cominciano a fare molte precisazioni e mettere dei paletti, la Germania si è defilata fin dall’inizio. E noi? Solo adesso stiamo cominciando a farci valere con precise richieste perché non va dimenticato che in Libia vi è un gran numero di italiani che lavorano (grande errore chiudere l’ambasciata a Tripoli e speranza per una immediata riapertura) e che siamo i più esposti alle ritorsioni in tema di immigrazione come dire: agli alleati il petrolio ed a noi i profughi ed i clandestini.
Questo nuovo cambiamento è stato evidenziato nella trasmissione Porta a Porta del 21 marzo dal “disagio” del Ministro La Russa, fino ad ieri fautore di un intervento a tutto campo per una “guerra lampo”. In questi tre giorni avrà approfondito le nozioni sulla guerra lampo e si sarà reso conto che questo tipo di guerra non esiste. Ricordo a casaccio qualche caso.
Parto da molto tempo fa: la guerra di Troia iniziata anche lì con un gruppo di volenterosi che con un blitz volevano impossessarsi di un importante snodo commerciale e che, invece, si protrasse per ben dieci anni. La propaganda la trasformerà in questione di donne ed a noi, posteri, ci rimane lo splendido Iliade di Omero. Da sempre è stato cosi’; si parte per guerra di settimane e si finisce a conflitto pluriennale. La guerra lampo non funzionò per Augusto che voleva spostare il confine nord dal Reno all’Elba ed ancora piange chiedendo a Varo la restituzione delle sue legioni. Non funzionò per Carlo di Svezia che nel 1708, nella sua avanzata verso Mosca, rimase impantanato in Ucraina dal momento che la zarina, moglie di Pietro il Grande, gli tagliò la ritirata attraverso la Polonia. Non funzionò nel primo conflitto mondiale che, immaginato come guerra rapida e di penetrazione, divenne una ferocissima e sanguinosissima guerra di logoramento. Idem nella seconda guerra mondiale quando Mussolini affermò, nel maggio del 40, che a settembre tutto sarebbe finito e che ci sarebbe stato bisogno di qualche morto per potersi sedere al tavolo dalla pace. Sappiamo come finì e sappiamo pure che se Hitler non avesse sdoppiato il fronte russo per prendere contemporaneamente Mosca e Kiev, forse qualcosa di lampo sarebbe riuscita. Anche nel dopo guerra non ci si è smentiti. Corea, Vietnam, Afghanistan sono lì a dimostrarlo. La guerra in Jugoslavia da lampo si suddivise in tre guerre con cinque anni di massacri e pulizia etnica. A tutt’oggi in Kossovo ci sono le truppe Nato. In Medio Oriente invece le operazioni sul campo sono state rapidissime, solo che la guerra non è finita con il bollettino della vittoria visto che in Iraq si è già al decimo anno di conflitto asimmetrico, a bassa intensità e non convenzionale, ma sempre di guerra si tratta.
Forse La Russa ci ha pensato ed, obtorto collo, ha fatto una giusta retromarcia. Se mi chiedete come finirà, vi risponderò che non so o, meglio, so che eventualmente a rimetterci di più sarà proprio l’Italia. Speriamo che questo non capiti e che non ci sia bisogno di scrivere ancora di guerra.