Il film-maker è una figura professionale – anche un’attività amatoriale – apparsa in questi ultimi decenni in cui lo sviluppo tecnologico ha permesso la nascita di un cinema indipendente anche se povero.
La sceneggiatura
Il film può essere scritto a vari livelli di precisazione. E si può partire da un’idea abbozzata in poche righe o da un racconto letterario. Si può scrivere una semplice scaletta o una sceneggiatura precisata in ogni parte. E si può arrivare a disegnare la singola inquadratura, come una vignetta, modalità preferita spesso da Fellini.
Naturalmente condiziona se il film è un corto ( misura variabile dai 10 ai 20 minuti ) o un medio-lungometraggio ( dai 20 ai 90 minuti e oltre ). Per un cortissimo ( max cinque minuti ) l’idea, pure solo abbozzata, è in genere sviluppata e tradotta direttamente in una scaletta, cioè una sequenza di azioni descritte ( chi sono e cosa fanno i personaggi e dove agiscono ) con un dialogo accennato. Ma se si considera un corto che abbia uno sviluppo di eventi o a maggior ragione un lungometraggio, e se si parte da un soggetto scritto da altri, allora bisogna sedersi a tavolino e pensarlo per immagini, e a questo punto più il film è definito sulla carta, meno problemi si affronteranno in seguito sul set e in fase di montaggio. Ciò non significa che in queste fasi non si possa intervenire con modifiche. La sceneggiatura serve per avere tutto chiaro il film nella testa, poi in ogni momento se sorgono nuove idee si può cambiare. Dunque sceneggiatura precisata ma flessibile.
La sceneggiatura parte da un’analisi approfondita della storia e dei personaggi e questi ultimi sono costruiti rivelando tutto ciò che può essere utile: dai gesti ai modi di dire, ai difetti, ai modi di muoversi, di acconciarsi, di vestire. In questo senso lo sceneggiatore dà suggerimenti ai truccatori e ai costumisti che in seguito saranno coinvolti. Così pure gli ambienti sono descritti per facilitare il compito dello scenografo. Ci sono sceneggiatori che suggeriscono a chi dirigerà il set i tempi di durata delle inquadrature; se non sempre, almeno quando un’ inquadratura è significativa. Comunque è necessario stabilire il tempo delle scene per un’ipotesi di durata totale del film.
Ecco due esempi di descrizione di ambienti e personaggi, differenti nelle intenzioni dello sceneggiatore e quindi nel risultato.
“ Il nostro giornalista indossa un paio di jeans estivi celesti, mocassini di cuoio chiaro, giacca avana di cotone, camicia a fiorellini celesti su fondo nocciola, cravatta azzurra con petali di fiori colorati delicatamente di giallo e di marrone. Occhiali scuri per via della luce bianca e violenta. Ha in mano un libro.
Entra in una sala: è uno studio con pareti di legno massiccio foderato di libri. Lungo, rettangolare, con volta bassa e archi gotici alle finestre. In fondo una grande scrivania e un altro personaggio: un monaco. La figura di questo monaco è assimilabile a una raffigurazione pittorica, senza profondità, dalle linee essenziali, ricca di colori sfumati. Il monaco ha un volto tondo con una cornice di capelli castano-chiari ben ordinati, occhi nocciola che esprimono severità e dolcezza insieme; incarnato molto chiaro. La testa potrebbe essere un cerchio poggiato sulla sommità di un triangolo. Il triangolo è il saio marrone con sfumature di luce che in certi punti lo sbiancano. Il saio parte direttamente dal collo come un tetto spiovente a formare le maniche sicché il monaco pare senza spalle: una figura ieratica ritagliata da una pala d’altare. La sedia ha una spalliera assai più alta della figura del monaco che sembra proprio un dipinto su legno. “
“ Giovanni entra nella sua stanza d’albergo. Ha in mano una copia de La Gazzetta che ha appena comprato. La poggia sul letto, dove giace sgualcita quella del giorno prima. Vi abbandona pure una scatola di biscotti, una di salatini e una bottiglia d’acqua; una bottiglia più piccola di caffé invece la pone accuratamente sul comodino.
Si dirige alla finestra aperta sul cielo splendido di giugno, si trattiene un attimo, poi si toglie le scarpe e si stende sul letto sollevando il cuscino per rimanervi seduto. Poggia il giornale sulla pancia, poi lo affronta con una certa riluttanza, anche timore.
Legge subito l’articolo, velocemente, trova qualcosa, si sofferma. Viene a sapere che il vecchio si chiamava Marvin. Un misto di pena, disappunto, sorpresa. Come se si sentisse responsabile di quella morte. Guarda nuovamente la pagina: l’articolo nell’insieme, lo spazio dedicato all’evento, le foto. Lo rilegge. Questa volta lentamente. Quasi sorride, perché gli piace quello che sta leggendo, non c’entra la morte di quel povero vecchio. Chi lo ha scritto è una donna. L’articolo, curioso! poteva averlo scritto lui. Parla proprio di casa sua, dei campi di carcasse, quelle auto rotte dove lui vive da sempre, il suo terreno di gioco e allenamento. Dove è nato insomma. Guarda verso il cielo, per metà glielo nasconde un brutto palazzo che incombe dall’altra parte della strada “.
Nel primo esempio lo sceneggiatore descrive accuratamente ciò che si dovrà vedere: l’ambiente e i personaggi nelle loro fattezze fisiche e quindi come appaiono. Ritiene importante questa descrizione perché è necessario creare un’atmosfera molto particolare.
Nel secondo esempio invece lo sceneggiatore descrive sia le azioni sia i pensieri del personaggio ed è come se si sostituisse al regista che dà indicazioni all’interprete.
Considerando le condizioni economiche con cui si lavora nel cinema povero, la sceneggiatura del primo esempio è irrealizzabile da parte di un film-maker. Anche se il film-maker dovesse trovare ospitalità, per esempio in una grande biblioteca, la realizzazione di quell’atmosfera con pochi mezzi è pressoché impossibile.
La sceneggiatura del secondo esempio richiede senz’altro mezzi meno onerosi: non è difficile trovare o trasformare una stanza in una camera d’albergo. Qui la difficoltà è un’altra: il regista e l’attore devono accogliere i suggerimenti dello sceneggiatore, e dunque non è questione di budget ma di disponibilità e capacità professionali.