“Sospetti, interlocutori e dilatori”: è così che il presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna giudica i provvedimenti governativi adottati sulle materie oggetto di tre dei quattro referendum abrogativi del 12 e 13 giugno.
“Siamo all’assurdo, la situazione è kafkiana: disinnescando quelli sull’acqua pubblica e sul nucleare, il Governo nazionale tenta di scongiurare il pericolo che il referendum sul legittimo impedimento possa raggiungere il quorum”.
“Ma nemmeno nel regime feudale, nel Medioevo o nelle monarchie assolute il popolo era tenuto in una condizione di tale sudditanza, sconcertante e senza precedenti”, secondo Introna. “Non si è mai visto che per far cadere una consultazione referendaria contro una legge ad personam si decida di operare a tempo quasi scaduto su altri due quesiti sui quali sarebbe più che legittimo, anzi obbligatorio, sentire gli elettori”.
“Non bastano interventi legislativi raffazzonati per strappare ad una comunità il diritto di decidere il proprio futuro e quello dei propri discendenti, nel caso delle centrali nucleari e di stabilire se le multinazionali del profitto debbano mettere le mani sulla nostra acqua. L’una e l’altra materia sono vitali: con il nucleare sono in gioco la vita e la salute della gente, con l’acqua pubblica sono in discussione un bene fondamentale e i bilanci di ogni famiglia”.
“La Puglia ha fatto propri i quesiti referendari e li difende. Sul no all’uranio, alle centrali e alle scorie nucleari, il Consiglio regionale – ricorda il presidente – si è espresso in maniera unanime. Ed è una buona battaglia quella a tutela della proprietà pubblica dell’acqua, una sfida obbligata per una regione come la nostra che deriva la quasi totalità delle risorse dalle altre regioni. L’80% del fabbisogno idrico pugliese fa affidamento sulla collaborazione di Molise, Campania e Basilicata. È un apporto generoso ma comunque compensato, sulla base di accordi di programma. Non ci sarebbe da contare invece sulla generosità delle grandi holding dell’acqua: da sola, già la domanda d’approvvigionamento così ingente della Puglia giustificherebbe una crescita dei prezzi di mercato. Le multinazionali hanno fiutato l’affare e incombono sulle tasche dei pugliesi: che almeno i cittadini possano esprimersi. I promotori dei referendum hanno rispettato le norme, ora è il governo Berlusconi che deve rispettare le regole e non prendersi gioco della democrazia”.