Non ci sta il presidente della Camera di Commercio Alfredo Prete alla tassa di soggiorno prevista nell’ultima finanziaria in materia di federalismo fiscale dello scorso marzo. Un deterrente per i turisti e un modo per coprire i buchi di bilancio piuttosto che una tassa di scopo
Sono già 4 i comuni del Salento che hanno avviato le procedure per l’incasso della tassa di soggiorno, peraltro non tutti a vocazione turistica. Giurdignano, Salve, Ugento e Otranto faranno pagare ai loro visitatori un’imposta che varia da un minimo di un euro per le strutture ricettive all’aperto, un euro e mezzo per strutture fino a tre stelle e due euro per i quattro e cinque stelle. Ma si può arrivare fino a cinque euro procapite e per notte di soggiorno come previsto dall’articolo 4 della manovra finanziaria che l’ha generata. “Il gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali” si legge nel testo del decreto legislativo sul federalismo, e attribuisce ai comuni l’applicabilità previa deliberazione consigliare. Ghiotta occasione per le amministrazioni alle prese con buchi di bilancio e privi dei finanziamenti statali che hanno visto nella tassa di soggiorno un ulteriore metodo per fare cassa.
Insorgono però le associazioni di categoria, le stesse che per legge dovrebbero essere interpellate dagli amministratori prima di attuare la nuova imposta. Confcommercio Lecce, Confindustria sezione Turismo, Assoturismo- Confesercenti e Federalberghi, con i rappresentanti Alfredo Prete, Andrea Montinari, Massimo Rota e Mimmo De Santis hanno esposto le ragioni del loro categorico “No” in una conferenza stampa questa mattina a Lecce. “La buona politica parte dal basso, ascoltando gli imprenditori” ha tuonato Prete, molti pensano che il comparto turistico è il volano dell’economia salentina ma in realtà non supera il 6 per cento dell’intero Pil. C’è ancora tanta strada da percorrere per far diventare la penisola salentina una terra a vocazione turistica e non è certo questo il modo”. La mancanza di concertazione ha messo in allarme le associazioni di categoria tutte concordi nel proporre ai sindaci salentini un’inversione di tendenza rispetto alle iniziative fin qui intraprese. “Lo slogan che doveva trionfare era: Il Salento non applica la tassa di soggiorno” ha più volte ripetuto il presidente di Confcommercio, “meglio discutere di carenze infrastrutturali che di ulteriori imposte”.
Si, perchè una recente indagine promossa dall’ente ha appurato che un turista nel Salento, dall’aeroporto di Brindisi impiega 16 ore per raggiungere Santa Maria di Leuca con i mezzi pubblici. Se alle arenze di infrastrutture e servizi si aggiungono imposte che non migliorano l’offerta, il turismo ci metterà pochissimo a cambiare rotta; l’allarme lo lancia Massimo Rota di Assoturismo preoccupato per la difficoltà di attrarre in futuro turisti disaffezionati. “Sarà un ulteriore aggravio sugli imprenditori del turismo” ha spiegato Mimmo De Santis, che saranno il tramite tra i turisti e i comuni, specie a ridosso della data di attuazione del prossimo primo luglio e a prenotazioni attive già da diversi mesi. Una gabella di fattura medievale per Massimo Rota, come i dazi di percorrenza del passato.