Squali e razze per un importante piano europeo di conservazione. Il primo, promosso dal Centro turistico studentesco e giovanile (Cts). Dal prossimo ottobre, il progetto interesserà i nostri mari, durerà oltre 3 anni e coinvolgerà gli appassionati di pesca sportiva, i pescatori professionisti, i parchi e le aree marine protette.
Oltre un milione di euro i fondi stanziati, la metà dei quali dal programma internazionale “Life+”, l’altra, concessa dall’Agci-Agrital pesca, dalla Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee (Fipsas), dal Consorzio per il centro interuniversitario di biologia marina ed ecologia applicata di Livorno (Cibm), dalla Fondazione cetacea, dal Parco nazionale dell’arcipelago di “La Maddalena”, dall’area marina protetta delle Pelagie, dal Ministero dell’Ambiente, dal Parco nazionale dell’Asinara e dalla Provincia di Reggio Calabria. “Il progetto prevede diverse attività concrete – ha spiegato Simona Clò, biologa marina e responsabile del settore conservazione natura del Cts – e la più importante, in collaborazione con la Fipsas, è la modifica del regolamento delle gare di pesca sportiva, con il divieto di cattura di tutti i pesci cartilaginei, squali in primis e poi razze, torpedini e trigoni. Se durante una gara viene pescato uno squalo – ha proseguito la biologa – questo viene “marcato” e poi liberato.
In genere le specie più comuni in questi casi sono verdesca, squalo volpe e spinarolo. Un’altra attività sarà con i pescatori professionisti dell’Agci Agrital. Durante la pesca al pesce spada, infatti, a volte viene catturato anche il trigone viola, molto grande con un pungiglione velenoso. Grazie ai fondi europei potremo comprare degli ami circolari, già sperimentati in passato per ridurre la cattura accidentale delle tartarughe marine e che dovrebbero diminuire almeno del 20% quella dei trigoni, ma – ha aggiunto – potrebbe funzionare anche per altre specie come la verdesca”. Saranno soprattutto le aree marine di Puglia e Sicilia a sperimentare l’impiego degli ami. Fra l’Asinara, la Maddalena e Tavolara, nel nord della Sardegna, si interverrà in difesa dello squalo elefante, il più grande del Mediterraneo, che può raggiungere addirittura i 13 metri di lunghezza. Le sue dimensioni, seconde solo allo squalo balena, non devono tuttavia far pensare ad un pericoloso mostro marino: l’elefante si nutre in realtà di plancton, come alcune balene o lo stesso squalo balena. Nuotando a pelo d’acqua con le fauci spalancate, cattura questi piccoli organismi, animali e vegetali, filtrandoli attraverso cinque paia di grandi fessure branchiali.
“Abbiamo registrato la loro presenza vicino a queste coste tra febbraio e marzo – ha detto Simona Clò – e a volte rimangono imprigionati nelle reti da posta, messe a 200 metri dalla costa per catturare piccoli pesci, come le triglie”. Il fatto che queste reti non necessitino di un controllo quotidiano, fa sì che per uno squalo impigliato non ci sia più niente da fare. Proprio per evitare che si verifichino situazioni di questo tipo, come ha spiegato la stessa, si realizzeranno prototipi di congegni elettronici in grado di registrare l’arrivo di un animale in base al suo peso. “Questo congegno – ha poi concluso – ha una sorta di trasmettitore e avvisa il personale del Parco “La Maddalena”, dove si pesca regolarmente”. Nell’ambito del progetto, le capitanerie di porto e i veterinari dei mercati ittici prenderanno parte a corsi di formazione sui pesci cartilaginei protetti, verranno inoltre allestiti musei e mostre itineranti nel Parco dell’Asinara e nell’area marina protetta di Lampedusa. Solo per la Fipsas, in Italia, si svolgono almeno 120 gare di pesca all’anno e oltre 4mila sono i partecipanti, a conferma di quanto sia importante garantire la vita di questi animali, considerando che nel solo Mediterraneo, ogni anno, decine di migliaia di loro muoiono perché vittime della pesca accidentale.