Erano tutti presenti nell’aula consigliare di Palazzo dei Celestini, i manifestanti ambientalisti che da tempo si battono per evitare l’impiego di combustibile da rifiuti nei processi produttivi presso l’impianto Colacem di Galatina. Il Consiglio provinciale era oggi chiamato a deliberare a favore della salute pubblica e contro il coincenerimento del CDR già bocciato dal Consiglio regionale
Se ne discute ormai da mesi, l’impianto di incenerimento del cementificio Colacem di Galatina, origina una serie di sostanze inquinanti, tra cui la diossina, dannose alla salute degli abitanti delle zone limitrofe all’impianto. La ditta Colacem, lo scorso febbraio chiese e ottenne il permesso da parte della Provincia di Lecce, per il coincenerimento di CDR (combustibile derivato da rifiuti). Tale permesso mobilitò buona parte della politica locale contraria al provvedimento e tutto il mondo dell’associazionismo ambientalista che in più occasioni manifestò il dissenso all’iniziativa. E’ invece della scorsa settimana la volontà da parte del Consiglio regionale di impedire la combustione da CDR agli impianti del cementificio di Galatina e della Centrale Enel di Cerano. La delibera dello scorso maggio, presentata oggi per la seconda volta. in Consiglio provinciale dal consigliere Aurelio Gianfreda, chiedeva l’impegno politico da parte del presidente Gabellone di farsi portavoce istituzionale ed evitare l’avvio del coincenerimento, indirizzando l’impianto di Galatina al rigoroso rispetto dei parametri ambientali dettati da ARPA ed ASL. E proprio sui dati dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente si è incagliata la discussione di oggi, quando i consiglieri di minoranza ne hanno chiesto il rinvio per mancanza di dati tecnici che ne accertano il grado di insalubrità. Un probabile escamotage dal momento che le centraline di rilevamento da tempo hanno registrato il preoccupante grado di inquinamento, anche se considerate inattendibili per via delle campionature periodiche anziché continue come richiesto dall’ing. Guglielmo Stasi, dirigente del settore Assetto del Territorio, che richiedeva il sistema di monitoraggio per almeno 60 giorni prima del rilascio del provvedimento definitivo di V.I.A. da parte dell’autorità competente. A dover rispettare le normative italiane vigenti, infatti, il CDR viene ottenuto tramite processi che eliminano i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli. La parte secca dei rifiuti non adatta alla combustione e non recuperabile in altro modo viene raccolta e accantonata, dopo essere stata raggruppata in unità di dimensioni e peso standard, e destinata alla discarica o al riciclaggio. Successivamente alla selezione, vengono triturati e aggregati in grossi blocchi chiusi con vari strati di pellicola plastica (le ecoballe). La produzione deve avvenire in impianti idonei al contenimento delle emissioni di polveri e al deposito dei rifiuti nelle diverse fasi di trattamento. In Puglia non esistono tali impianti di compostaggio. Le ecoballe sono considerate rifiuti speciali da smaltire in Regioni diverse da quella di provenienza. Vale a dire che per gli impianti ricadenti nel territorio salentino si brucerebbero i rifiuti provenienti da altre regioni, mentre quelli “nostrani” non sapremmo come smaltirli. Il CDR può essere bruciato anche in forni industriali di diverso genere non specificatamente progettati a questo scopo, come quelli dei cementifici, il caso di Galatina, per i quali può essere un combustibile economicamente vantaggioso. I cementifici sono attualmente gli impianti più inquinanti e che producono enormi quantità di CO2 che scaricato in atmosfera causano un micidiale effetto serra, con mutamenti e alterazioni climatiche e surriscaldamento locale e globale. Secondo le direttive 20-20-20 della U.E. questi impianti sono fuori norma e, per essere autorizzati a funzionare, dovrebbero essere provvisti di sistemi per la cattura e il riciclo della CO2. Poichè come tali sono sanzionati da multe e dall’obbligo di acquisto di certificati verdi per poter funzionare comunque, i gestori responsabili sono a caccia disperata di autorizzazioni e di certificati. Per ottenere permessi di funzionamento, devono dimostrare che, bruciando Cdr da rifiuti riducono le emissioni di CO2 rispetto alle loro emissioni attuali. Basta far passare il Cdr per un bio-carburante di origine organica e naturale, che non emette CO2 in eccesso. L’interesse del cementificio, è quello di acquisire Cdr da rifiuti solidi e di qualificarlo come un bio-carburante, vera o falsa che sia questa qualifica. I dati fin qui esposti e forniti da Raimondo Rodia del Forum Ambiente e Salute avallano le proteste dei quasi 4mila sottoscrittori di una petizione popolare tra Soleto e Galatina e delle amministrazioni comunali di Sogliano, Cutrofiano e Corigliano d’Otranto.