“Nei campi della Puglia ho ritrovato l’Africa. Le persone trattate come schiavi, macchine da lavoro senza diritti”. Lo ha dichiarato Ivan Sagnet, 26enne camerunese, in un’intervista a “La Stampa”. Il giovane era uno dei braccianti stagionali che alla fine di luglio si sono rifiutati di raccogliere i pomodori a Nardò per il basso salario
e per lo sfruttamento dei caporali: «Ogni cassone da 350 chili mi è stato pagato 3,50 euro. Totale 21 euro. Ma devi dare 8,50 al caporale per il trasporto nei campi e per un panino alla frittata. Quindi, per 15 ore di lavoro ho preso 12 euro e 50 centesimi: meno di 1 euro all’ora».
«A un certo punto i caporali ci hanno chiesto un doppio lavoro. Avremmo dovuto scegliere i pomodori più belli. Era troppo: strappare la pianta, scrollarla e riempire il cassone dopo la selezione. Abbiamo chiesto 7 euro. Sono arrivati ad offrircene 4,50 a cassone. Ci siamo rifiutati».
Così è iniziato lo sciopero che si è concluso l’8 agosto con un accordo contro il caporalato preso nel corso del ‘tavolo tecnico’ svoltosi nella Provincia di Lecce.
Superare i meccanismi del caporalato con l’uso delle liste di prenotazione; sottrarre ai caporali il trasporto sui campi, che sarà garantito con risorse destinate da Regione e Provincia al comune di Nardo’; 15 mila euro da parte della Regione che serviranno anche per garantire il servizio dell’acqua calda e di nuove docce a nella masseria Boncuri. Questi sono i principali accordi presi.