Conferenza stampata questa mattina a Palazzo Carafa, per presentare i dati più che soddisfacenti del Centro Antiviolenza “Renata Fonte” di Lecce, che è stato riconosciuto come centro della città capoluogo e dell’Ambito Territoriale.
“Un fiore all’occhiello” come è stato definito dalla presidentessa Maria Luisa Toto, che ha mostrato alla stampa il lungo e difficile lavoro che è stato compiuto dalle volontarie del centro, che si trova presso l’ex conservatorio di S. Anna di Lecce e quanto ancora si deve fare per mantenere viva l’attenzione sul problema dei maltrattamenti sulle donne.
Dal 1998 infatti, anno in cui è nato il centro “Renata Fonte”, grazie all’associazione “Donne Insieme”, le denunce di donne vittime di maltrattamenti è andata sempre di più crescendo, portando Lecce dal ruolo di fanalino di coda a quello di “fiore all’occhiello”.
Quando nel 1998 infatti, venne promossa la rete antiviolenza nazionale dal Ministero per le Pari Opportunità, il progetto iniziale, denominato Urban, coinvolse alcune città, tra le quali Lecce, per uno studio sul tema. Il rapporto stilato, aveva portato alla luce una drammatica situazione, in cui mancavano centri e servizi per contrastare il triste fenomeno della violenza sulle donne.
E’ qui che l’associazione “Donne Insieme” si è quindi inserita, dando vita al centro “Renata Fonte”, che in 13 anni ha lavorato alacremente per poter imporsi sul territorio e farsi conoscere. Molte donne infatti, hanno usufruito del centro, in numero sempre maggiore nel tempo, aumentando il prestigio ma soprattutto l’utilità del centro che oggi viene riconosciuto a livello istituzionale.
“E’ un grande onore”, spiega la presidentessa Toto, “il nostro obiettivo era sensibilizzare l’attenzione del mondo politico e ci siamo riusciti grazie al Sindaco Paolo Perrone e al presidente dell’Ambito Territoriale, Roberto Martella.”
I dati, che riguardano una prima fase preliminare, sono stati realizzati con la collaborazione dell’Università del Salento, che da ora in poi coadiuverà un lavoro di ricerca non solo psicologico ma anche scientifico.
Non solo infatti, il centro di studi in Area Psicologica della facoltà di scienze della formazione, ha in programma tirocini formativi nel centro e corsi ad hoc per formare personale competente per queste situazioni ma anche il dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e il laboratorio di neuroscienze e anatomia umana, hanno in programma una serie di ricerche, per cercare di capire quali effetti a livello fisico e cerebrale, scatenano gli episodi di violenza e le cause per cui essi avvengono.
Intanto questa mattina, sono stati presentati i risultati delle telefonate tra novembre 2010 e giugno 2011, un campione che conta 35 schede analizzate e che ha portato alla luce alte percentuali di successo nell’aiuto che le donne hanno richiesto. Nella maggior parte dei casi le donne, sono sposate, vittime di abusi dal marito e spesso anche i figli sono coinvolti nei maltrattamenti. Quasi tutte le donne che chiamano sono italiane e durante le conversazioni con gli operatori si dimostrano soprattutto disperate e spaventate.
Inoltre, nel campione è rientrata anche la telefonata di un uomo a dimostrazione che anche non solo le donne possono essere vittime di abusi all’interno delle mura domestiche.
Assieme ai dati, i rappresentanti del centro hanno voluto anticipare alcune iniziative che presto si aggiungeranno al lavoro del centro, tra cui un rifugio per le donne che vogliono scappare dalle situazioni familiari di cui sono vittime.
“Adesso bisognerà capire”, ha aggiunto Roberto Martella, “se l’aumento delle denunce corrisponde ad un aumento degli abusi o semplicemente c’è più coraggio da parte delle vittime. Sicuramente la maggiore informazione aiuta molto perché le persone che hanno bisogno di aiuto, sanno a chi rivolgersi.”