“Quaranta gradi all’ombra … vento afoso che più di così non si può … nessuno in giro … ok! Si può fare!” – ma cosa?
Chissà se qualcuno ha mai pensato a questa evenienza, tanto pratica, ma anche tanto scomoda in alcune occasioni.
Veronica era figlia di un ricco possidente terriero, sempre tutta intenta a “pittarsi”, aggiustarsi, a compiacersi del suo aspetto, delle sue doti, delle sue qualità, financo dei suoi difetti: un mostro di vanità.
Per lei trucco e parrucco venivano prima del caffè.
Al suo risveglio, estetista e parrucchiere erano già da lei, insieme alla cameriera ed ai principali produttori di abbigliamento.
Era molto esigente, non le andava mai bene nulla, raramente qualcosina.
Invero, era molto graziosa, ma tanto smorfiosa, fin troppo piena di sé.
Quei poveretti che avevano la fortuna di frequentare le sue stanze per servirla, fortuna perché il papà pagava bene, tornavano a casa esauriti dopo un paio d’ore con lei.
“Ma che obbrobrio! Ma che è questa cosa?” – diceva, rivolgendosi ai modisti.
“E tu? Che sopracciglia mi hai fatto?” – verso l’estetista – “E poi, questo blu non si intona con il verde dei miei occhi. Li vogliamo far risaltare o no?”
“Saprei io cosa vorrei farti ri – saltare, brutta viperetta di una viziata figlia di papà!” – borbottò fra sé questa.
“Come dici prego?” – avendo udito qualcosina
“Che vorrei farti risaltare la bella faccetta perlata con i tratti del papà. Si, hai proprio preso da papà”
“Beh, il fascino è un dono di famiglia. Tieni! Per il bel complimento” – infilandole in mano cinquanta euro.
Era per questo che tutti cercavano di sopportare le sue paturnie, ma, quando venne il turno del parrucchiere, questi non ce la fece più.
Innumerevoli acconciature, accessori, piastre, babyliss, bigodini, casco, spazzole, acidi, di tutto di più … e questa, niente! Mai contenta!
“Ginestra saprebbe fare di meglio” – riferendosi alla sua cameriera – “Tu che sei un professionista, lasciatelo dire, fai veramente pena!”
“Sai che c’è brutta copia di una smorfiosa?” – sbottò spazientito e adirato il parrucchiere – “Da adesso i capelli te li acconci tu. Io non lavoro più per te!”.
“Peggio per te! Anche fra tante clienti, non guadagnerai mai quanto incassi solo con me. Dovresti considerare un onore poter toccare i miei capelli”.
“È un onere, e dei peggiori! Vuoi un’acconciatura innovativa, la vuoi?”
“Che vorresti dire?” – domandò lei, un po’ perplessa per il tono usato nella domanda rivoltale
“Questo cara, tiè!” – passandole un rasoio elettrico in mezzo ai capelli.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH” – urlò lei, vedendosi disastrata – “Come ti sei permesso? Guarda cosa mi hai fatto! Ma non credere che finisca qui, io ti denuncio, ti rovino, hai capito? Ti rovino!”.
“Non si scomodi sua altezza, mezza bassezza. Ci penso da solo e sono orgoglioso di quello che ho fatto. Adesso se lo trovi un parrucchiere, vada!”
“Ma sei impazzito?” – gli domandò l’estetista – “Per quanto possa farti arrabbiare, rasarla al centro e lasciarle due lati pieni zeppi di capelli, mi sembra un po’ troppo. È viziata, dispotica, antipatica, ma è un essere umano, anche lei ha la sua dignità. E tu? Hai idea di quello che passerai adesso?”
“Io si, ma lei no. Così la smetterà di offendere sempre e di non rispettare nessuno. Voglio proprio vedere che farà. Ora scusami, vado ad autodenunciarmi”.
“Ma …” – cercò di controbattere quella, mentre lui faceva segno di lasciar perdere con la mano.
“Papà! Papààààààààààààààààààààààà!!!” – urlava disperata per la casa Veronica, girando tutte le stanze alla sua ricerca.
“Sono qua figlia mia, che c’…. mmmphhhffff! Ah, ah ah ah ah! E io pago fior di quattrini per … questo?” – indicando la strampalata capigliatura, o meglio, scapigliatura della figlia.
“Non capisci? È stato quel … quel … quel ….”
“Stai a vedere che ti devo pagare anche il logopedista adesso?”
“Parrucchiere! Ecco!” – piangendo
“Fiuuuuuuu! Soldi risparmiati!”
“Insensibile di un padre! Sniff! Vuoi lasciarmi in queste condizioni?”
“No, ah ah, no! Una soluzione la troveremo! Intanto calmati, per quel che puoi, e cerchiamo un altro acconciatore professionista”.
Ne contattarono tanti, ma nell’ambiente era già circolata la voce di quello che era successo e, per solidarietà al collega, nessuno volle occuparsi di lei. Si pensò, quindi, di rivolgersi ad acconciatori esteri, ma a parte delle extension, da attaccare non si sa dove, e delle parrucche, in attesa che i capelli ricrescessero, a nessuno venne in mente altro.
Così, il ricco possidente, per salvare la graziosa, dispotica figliuola, comprò un intero stock di parrucche, di tutti i tipi, inclusi toupet e quanto occorresse. Persino quelle impermeabili all’acqua e tutte, rigorosamente, di capelli veri. Questo perché si era in estate e la ragazza doveva andare al mare, anche perché c’era qualcuno che le interessava. Come avrebbe mai potuto avvicinarsi nello stato in cui era?
Ovviamente, viaggiava nell’auto a vetri oscurati, con tanto di autista e bodyguard.
Ed era qui che, appunto, stava cambiandosi la parrucca, con qualche piccolo accorgimento per il sudore, data la tremenda calura!
Ahimè, però, uno dei ragazzi ai quali mirava, la intravide da lontano, abitando nelle vicinanze della spiaggia, e rimase davvero sconvolto!
“No! Non ci posso credere!”
“No, infatti, non è come credi” – rispose lei, avvedendosi di lui – “È che mi sono acconciata in maniera diversa, ma non è così. Guarda! Sono capelli veri!” – ribattè prontamente lei.
In quell’istante, per l’avvicinarsi di un temporale estivo, si scatenò una specie di tromba d’aria e la sua parrucca, per fissata e al riparo che fosse, spiccò il volo, scoprendo il suo segreto.
“Mi stavi ingannando. Non ci credo! Non mi dici una cosa del genere?” – dichiarò sconvolto il ragazzino
“Bella gratitudine per averti posto al riparo dalla tromba d’aria nella mia auto! Bravo! Credi che per una ragazza sia facile da accettare? Ho una causa in corso per questo!” – indicando la sua testa.
Il ragazzo ascoltò tutta la storia, ma proprio non ce la faceva, era troppo impressionato, così si allontanò.
Nel frattempo, da una stanza d’albergo, mentre lei stava per dimenarsi in un lungo pianto, una persona osservò, incuriosita tutta la scena e … quella splendida testa, che ormai si mostrava, libera, senza pudore o remora alcuna.
Quelli scese frettolosamente le scale e cercò di raggiungerla, prima che l’autista mettesse in moto, mancandoli per qualche secondo.
Dallo specchietto retrovisore, il bodyguard e l’autista notarono questo signore strano, mingherlino, con enormi occhiali da sole e bermuda, che si manteneva la testa fra le mani disperandosi.
Temendo che non si sentisse bene, iniziarono a rallentare e quelli, vedendoli far così, intuì di avere ancora una speranza e iniziò a correre.
A loro volta, i due, constatando che stava bene, ripresero il normale andamento automobilistico e quello correva ancora più veloce, poi si fermava ad ansimare. I due rallentavano di nuovo e lui li rincorreva e quelli acceleravano, così fino a casa di Veronica.
Giunti lì, si stese bocconi per terra, ma dovette immantinente rialzarsi e riprendere la corsa, per via dei cani da guardia e dei laser bloccanti dei bodyguard, che alla fine lo catturarono.
“Ma si può sapere chi sei e che vuoi?” – gli domandarono
“Un … bicchiere … d’acqua!” – replicò, svenendo di colpo.
Appena si riebbe, si ritrovò sul divano di casa di Veronica, con suo padre che lo fissava, col dottore accanto.
“Mi fa piacere che si sia ripreso. A cosa devo tutta questa attenzione nei confronti di mia figlia?” – domandò il papà.
“Le giuro che non sono un pervertito! Sono solo un povero hair stylist, molto interessato a ciò che è occorso a sua figlia”
“Sa come riparare a tutto questo?” – chiese, piena di speranza, Veronica.
“Riparare! Solo il tempo può! Io volevo proporti di lanciare una moda anziché nasconderti. Hai un viso molto grazioso e le mode, si sa, vanno e vengono … nel tempo giusto perché ti ricrescano i capelli e tu possa continuare a lavorare per me, sempre che tu lo voglia e che tuo padre acconsenta”.
“Io …. Modella?”
“Esatto, modella! E non per un giorno solo!”
“Ma è meraviglioso! Posso papà?”
“Lei sa a cosa va incontro con mia figlia?”
“In che senso scusi?”
“Nel senso che è bisbetica, viziata, indisponente, altezzosa e chi più ne ha più ne metta. È perché il precedente parrucchiere non ne poteva più di essere offeso e maltrattato che l’ha ridotta così!” – intervenne la cameriera.
“Ma è un genio! Bisogna che sia riconosciuto!”
“Ah no! Al massimo ritirerò la denuncia. E poi lei come si permette di intromettersi?” – domandò la ragazza.
“Veronica! Adesso basta! Hanno ragione. Anzi! Stavo pensando di mandarti in collegio per smussare questi tuoi spigolosi tratti caratteriali. Credimi! Sei insopportabile a volte, per questo non li licenzio!” – intervenne il padre, col medico accanto, che annuiva, guardandola.
“E va bene. Scusami, scusatemi tutti. Cercherò di comportarmi meglio. Però, posso accettare? Lo vorrei tanto!”.
“Ok, permesso accordato. Lo comunicherò anche a tua madre, prima che le venga un colpo vedendo qualche locandina”.
“Evvivaaaaaaaaaaaaaaaaa” – esclamarono, insieme, Veronica e l’hair stylist.
Dopo qualche mese, la ragazza era su tutte le riviste; e l’ex parrucchiere, ormai a piede libero, leggendo il giornale, che riportava un articolo su di lei, esclamò: “Ma che si è messa in testa questa?”.
Fine
Ogni riferimento a fatti, persone, situazioni è puramente casuale
Gabriella De Carlo