“Chuang Tzu sognò di essere una farfalla e al risveglio non sapeva se fosse un uomo che aveva sognato di essere una farfalla o una farfalla che in quel mentre sognasse di essere un uomo”
(J.l. Borges)
Lo spazio culturale delle Officine Cantelmo ospitano la prima antologica della giovane pittrice Alessandra Sessa, dal 3 al 17 ottobre 2011.
In esposizione una raccolta di opere ricche di significato che propongono una costante ricerca tra spazio e tempo, tra il visibile e l’invisibile, inteso in relazione all’inconscio junghiano, in un linguaggio essenziale e privo di orpelli. Ella vive ed opera a Lizzanello, ha frequentato il Liceo artistico e l’Accademia di Belle Arti, ha partecipato a esposizioni sia Lecce, Pesaro, Torino, Urbino, Rimini, riscuotendo significativi riconoscimenti.
L’Antologica propone un breve viaggio che comprende il periodo che va dai giorni spensierati dell’Accademia ad oggi, con una serie di opere caratterizzate da uno stile tutto personale.
Qual è il segreto di Alessandra Sessa? entrare da sveglia nello stato mentale del sogno.
“Ogni gesto della vita è un gesto dell’arte e ogni gesto dell’arte è un gesto della vita” affermava l’espressionista statunitense Jackson Pollock, ed è quanto accade nell’opera di Alessandra: i suoi sogni divengono il pretesto naturale di fare Arte, divengono Arte. Il giorno si fonde con la notte dove si intessono, abilmente, una rete di scambi.
Ella può essere paragonata ai surrealisti. E si sa che questo movimento si fondava nell’onnipotenza del sogno.
Ella è surrealista quando una penombra misteriosa ed inquietante sovrasta la tela.
È surrealista quando propone paesaggi dominati da architetture classicheggianti, i quali, segnando l’orizzonte, apparentemente fanno solo da sfondo, anche se sono luoghi da raggiungere.
I gesti onirici che si riflettono sulla tela sono gesti di liberazione dalle limitazioni quotidiane che la pittrice sente sulla propria pelle.
I sogni che “la visitano” trovano delle risposte e, a volte, anche delle soluzioni nel momento in cui ella li riconduce dal mondo dell’inconscio e dell’onirico a quello reale, infondendogli vitalità.
Quello che finisce sulla tela non è un quadro, ma un sogno che è letteralmente “dentro” al dipinto che per uscire da esso dovrà vivere di vita propria, deve raggiungere una “presa di coscienza”, solo allora l’artista se ne libera e l’opera è compiuta.
Il sogno è indagato attraverso differenti tecniche, olii e acrilici, che trovano respiro in larghe e profonde pennellate e in punta di pennello
Volgendo lo sguardo ai primi lavori della pittrice si possono segnare delle tappe: dai rapporti tra le mura domestiche a quello con la propria femminilità quando sostiene “che le donne sono complicate”, al tema dello specchio, il veicolo della conoscenza interiore. Guardarsi dentro vuol dire intraprendere la via della virtù. Lo specchio è il diaframma tra due dimensioni conoscitive: il mondo delle idee e la realtà.
Per giungere poi al tema della guerra: un soldato in preghiera di fronte ad un fucile.
Inginocchiarsi davanti ad un’arma è il massimo della provocazione, perchè l’uomo ha perso il proprio giudizio e il proprio pensiero. Ed ella, non paga della pittura, lascia un messaggio scritto sulla tela: “la vita è una sfida non è una condanna”.
Da questo percorso, se pur breve, emerge che la giovane artista si è messa in cammino, alla ricerca della propria identità in un mondo dove non esiste una sola verità. Perchè l’uomo ha ormai perso ogni punto di riferimento sicuro che, per secoli, gli ha offerto la classicità.
Il quadro diviene per Alessandra Sessa il luogo per eccellenza in cui sono raffigurati i misteri della vita, dove i soggetti appaiono privi di identità e disumanizzati nel loro cammino verso la purificazione.
I sogni nell’opera “Trittico Mistico”rivivono e prendono corpo su tele dalle grandi dimensioni dove regna una profonda solitudine. Una ricerca continua in monocromi dove la scelta dei colori è ben delineata e limitata, pochi ne convivono insieme: solo un gioco di nouances di grigio.
La sospensione temporale avvolge le tre tele, di formato differente, ma che fanno parte della stesso spazio e, se accostate, si incastrano e si ricompongono perfettamente.
Il trittico segna un percorso ben definito, carico di simboli e di significati, anche se di primo acchito le tele ci trasportano in una dimensione indefinita, infondendo nello spettatore una sorta di smarrimento.
In realtà l’artista quando dipinge si trova immersa in quella stessa luce che ritrova risalendo dal sogno. La drammatizzazione delle figure è accentuata dalla teatralità della scena, e qui lei è molto abile, offrendo una circolarità di punti di vista che inducono lo spettatore a soffermarsi.
Le opere sono ricche di significati enigmatici con richiami a De Chirico, ma soprattutto a Alberto Savinio con immagini pietrificate e incapaci di comunicare sia col passato che nel presente.Tutto è ordinato e preordinato in questo inconscio collettivo di junghiana memoria.
Ella cerca la verità e il sostegno in tutti questi archetipi che sono visibili, nitidi che costituiscono sulla tela l’orizzonte, con la possibilità di raggiungerli, come il tempio e la montagna sacra.
In “Mondi Paralleli”l’artista è sola, e lo dice senza remore, in un mondo sconosciuto, figlia della contemporaneità. Ma dalla tela emerge la speranza che si traduce nel verde e nelle linee morbide e accessibili e l’orizzonte è chiaro e senza ombre.
Tutto sommato è il mondo onirico quello che ella vive intensamente e dal quale trae alimento, trova sostegno e affidamento, poi la realtà è altro.
Alessandra Sessa ha incontrato l’arte, madre protettiva, ma ferma educatrice con le sue regole e le sue richieste ed è disposta a tutto quando è con la sua Arte, solo allora è pronta ad affrontare il mondo reale, nonostante lo senta ancora così sconosciuto e inesplorato.
Un altro percorso è caratterizzato dagli alberi inesorabilmente neri, neri come la notte, nonostante rappresentino il simbolo della conoscenza.Essi si impongono in campiture da profondi rossi e blu, dove le prospettive non sono mai le stesse.
Alberi spogli, apparentemente privi di vita, abbandonati che non vedranno più la luce, dove nessuna presenza umana disturba questo paesaggio, dove non si riesce a percepire alcun rumore, ma è solo un inganno, il silenzio non è assoluto. Perché? Perchè lì, quasi nascosti tra i rami privi di ogni fogliame, intravediamo dei tratteggi che ci indicano una speranza: tre uccelli avviluppati nello stesso colore degli alberi, adagiati sui rami che li ospitano.
Una speranza l’artista se la concede con il numero 3, il simbolo della conciliazione. Perchè in cuor suo spera che “prima o poi l’alba giungerà”.
Infatti in “Spazi mentali” le tele propongono sì alberi nella loro nuda essenza dove la sua anima si adagia e ama sostare, ma qui accade qualcosa di nuovo: il colore non è più statico. All’improvviso un dinamismo si impossessa dei pennelli e dei colori, giocando con il bianco ed il violetto in gesti morbidi di blu, in volute di sapore classicheggiante.Sulla tela il vento fa la sua comparsa e lascia le sue tracce, sfrondando qualche incertezza.
Le cifra stilistica di Alessandra, nonostante si sia affacciata da poco nel mondo dell’Arte, è del tutto personale e di non facile interpretazione.
Ma proprio soffermandomi su un pensiero di René Magritte, surrealista per eccellenza, il quale aveva affermato che “Quando la gente cerca di trovare significati simbolici in ciò che dipingo, cerca qualcosa di sicuro su cui aggrapparsi, per difendersi dal vuoto”, credo che questo valga anche per la giovane artista. Ella, in ogni sua opera, ci chiarisce che: “per apprezzare il mistero, un’immagine non deve essere letta e compresa, ma bisogna solamente osservarla ed emozionarsi ed ognuno, liberamente, ritrovare pensieri, sogni, incertezze, emozioni. Ma soprattutto sostegno”. Nulla di più!
La strada da percorrere della giovane artista, se ne ha voglia, è lunga e piena di insidie, ma promettente! e se il potere dell’arte è il potere della sorpresa e dell’emozione, l’arte di Alessandra Sessa questo potere lo possiede.