L’ultimo a scendere in campo sul clima di polemiche che ha interessato Lecce e i suoi amministratori in questi giorni, è Carlo Salvemini, militante della politica locale e fondatore del movimento Lecce 2.012
“A proposito dell’operazione Augusta” esordisce nella sua nota in riferimento al clan, dedito allo spaccio di droga, sgominato la scorsa settimana. La vicenda ha legittimato alcuni esponenti politici a riaccendere vecchie insinuazioni sull’uso di sostanze stupefacenti da parte di alcuni amministratori, e una parte della stampa a divulgarne comunicati e proclami. La smentita delle autorità su nomi altisonanti al vaglio degli inquirenti ha permesso al sindaco Perrone e alla giunta al completo di “rifarsi” sul chiacchiericcio paesano promettendo querele ai responsabili della macchina del fango.
“Ciascuno di noi avrà deciso se considerare le parole del Procuratore della Repubblica un’assoluzione politica o una esclusiva puntualizzazione giudiziaria.
Avrà deciso se ritenere credibili le notizie apparse nei giorni passati su tutti i media locali circa le presunte frequentazioni di qualche nostro rappresentante nelle istituzioni con esponenti della criminalità organizzata.
Avrà deciso se giudicare attendibili i tanti test antidroga sbandierati come biglietti vincenti della lotteria da i nostri amministratori.
Avrà deciso se attribuire alla richiesta di controlli medici cui sottoporre la classe politica il valore di una campagna di moralità pubblica o quella di battaglia elettorale.
Avrà deciso se dichiarare inaffidabile e approssimativo il lavoro svolto dal sistema dei media locali nel raccontare e rendere noti alcuni elementi dell’indagine non contenuti nell’ordinanza del GIP”.
L’unica verità, per Salvemini è che non ci sono vincitori e vinti ma solo “un ulteriore elemento di sfiducia nei confronti delle Istituzioni”. E anche in una piccola città di provincia come Lecce, secondo Salvemini, ci si è lasciati trascinare nel malcostume del Paese che da anni regala le aperture delle maggiori testate internazionali per gli eterni scandali istituzionali e i conflitti insanabili tra politica e magistratura. Alla luce di quanto avvenuto con l’operazione Augusta, dunque, sarebbe auspicabile che in futuro tutti si assumessero le responsabilità del caso e facessero tesoro delle esperienze precedenti. Nel caso della politica, per non aumentare la disaffezione popolare, i comportamenti dovrebbero essere “esemplari, intransigenti, coerenti con queste premesse. Senza quindi invocare il rispetto del codice penale per assolvere frequentazioni imprudenti, spericolate, inopportune. Ecco: sarebbe il caso che ai proclami e alle dichiarazioni impegnative seguissero fatti e decisioni. Altrimenti saremo costretti a doverci ripetere alla prossima occasione e considerare anche questa vicenda un banale incidente di percorso e non un pericoloso campanello d’allarme”.