All’interno della collettiva “E nel settimo giorno Dio si riposò” viaggio nella creazione biblica organizzata dalla Galleria d’Arte Stomeo e L’officina delle parole, l’Arte incontra la Poesia, domenica 11 dicembre 2011 alle ore 18.30.
L’incontro è organizzato dal Caffè Letterario Mimose il quale dedicherà uno spazio alla poesia con la presentazione della raccolta poetica: “Man mano, per Rammendi” di Carlo Alberto Augieri, Milella edizioni. Pamela Serafino converserà con l’autore, professore di Critica letteraria ed ermeneutica del testo- Università del Salento. Coordina Pompea Vergaro.
La “Poesia” del poeta dedicata alla propria madre, racchiusa in 162 titoli, sarà accolta amorevolmente, perchè sulle parole di di Kahlin Gibran “La parola Madre è nascosta nel cuore e sale alle labbra nei momenti di dolore e di felicità, come il profumo sale dal cuore della rosa e si mescola all’aria chiara” e, per l’intera serata, sarà compagna di viaggio delle opere degli artisti: Antonio Calabrese ▪ Carlo Comito ▪ Eleonora De Giuseppe “La Pupazza” ▪ Anna Lisa De Marianis ▪ Fiorenza De Lenna ▪Vanessa Denuccio ▪ Mario Digennaro ▪ Maria Ferrara ▪ Pasqualino Festa ▪ Gabriella Legno ▪ Elisa Linciano ▪ Paola Lusuardi ▪ Antonella Martina ▪ Annamaria Paoli ▪ Laura Petracca ▪ Antonio Ricci ▪ Elio Russo ▪Tiziana Sciacovelli ▪ Francesco Selvi ▪ Alessandra Sessa ▪ Francesca Toma.
“Man mano per rammendi” è il nuovo libro di poesie del professor Carlo Alberto Augieri Il titolo di una raccolta di poesie viene scritto in relazione ai titoli delle poesie contenuti nel volume. Questa struttura di interdipendenza dà luogo ad un movimento dialettico che modifica e arricchisce notevolmente il contenuto delle singole poesie.
Ogni poesia di questa raccolta inizia con la parola man mano: man mano e vento e voce, man mano nel comprendere, man mano nel silenzio che non tace, man mano nel declino, man mano nelle labbra e così via, leggere l’indice di questo libro rende l’idea di un fluire che assume il suono di una preghiera.
A chi si riferiscono, infatti le mani la cui figura quasi nascosta nel titolo, all’interno del sintagma man mano, affiora al ricordo del poeta e alla lettura dei lettori? Sono le mani della madre a cui è dedicato il libro stesso. La madre del poeta, che è morta nell’esistere naturale, ma che diviene ancora presenza viva nel ricordo, nel dialogo con la natura, nel dialogo continuo che si intreccia con l’io del poeta, con il suo corpo, con la sua scrittura, con la sua preghiera. Questa poesia assume la forma dialogica io-tu, che esula però da una dimensione esclusivamente privata, poiché come in una preghiera- fortissimo è il senso religioso dell’autore, sebbene mai direttamente menzionato- il dialogo include l’alterità.
E, infatti, a quella del poeta e della madre si intrecciano le voci naturali delle rondini,del vento,del fiume,delle montagne (elementi paesaggistici della Calabria che appartengono ai ricordi d’’infanzia del poeta), della storia, storia del suo paese d’origine, dell’emigrazione vecchia,come quella italiana degli anni ‘60 nei paesi del Sud e nuova, l’emigrazione odierna che assume i volti degli extracomunitari. La storia della guerra che con la morte dei figli lacera i cuori delle madri, la storia di un’esistenza semplice,quella di una cultura contadina che conserva e che ripara,come nell’antica consuetudine del “rammendare”, oggi desueta.
La madre del poeta era una sarta, a lei le persone si rivolgevano per adattare, ricavare da un cappotto vecchio la stoffa ancora non consunta per farne un altro,per tagliare la stoffa e ricucirla in un ordine nuovo, adattando la taglia del pantalone di un figlio a quella di una altro figlio più piccolo. Con la stessa logica del rammendo, il poeta cuce, rammenda, unisce, le parole della sua poesia.
Infatti, se osserviamo la forma che prende la parola poetica, notiamo il rifiuto di percorsi già definiti soprattutto attraverso il linguaggio che falsamente si propone di formare la realtà: questa poesia è l’affermazione di una percezione libera.
La poesia esprime appunto la sperimentazione di una delle possibilità della pluridiscorsività del linguaggio, in un’articolazione che presenta i caratteri dell’asimmetria (per cui ciò che si pone in presenza rompe un supposto equilibrio), dell’eccedenza e dell’alterità.
L’eccedenza nella poesia di Carlo Alberto Augieri diventa suono. Si crea una rete di collegamento tra le parole da rintracciare non nella semantica, nel significato delle parole, ma nel significante, nel suono: sono le figure retoriche del suono che creano un collegamento tra le diverse parole, le cuciono, susseguendosi da una all’altra, quasi contaminandole, facendole partecipi di una stessa natura senza badare alla differenza del significato, per cui ad un ipotetico ossimoro ad esempio nell’espressione mi materni il nulla generoso non avaro oppure tenerezza, madre, il tuo morire nella poesia Man mano l’ancora, ad un’opposizione di significati legati ad una convenzione culturale a cui ci rimandano il nulla e la morte ecco che il suono, attraverso il gioco dell’allitterazione rende famigliare il nulla, legandolo alla madre.
Fortissima la coniugazione della forma aggettivale materno che in qualche modo si trasforma in verbo e viene reso in maniera vitalistica, il cui senso è accentuato dalla posizione a inizio verso.
In altre parole l’idea della “permanenza” è una risposta o una delle possibile letture che timidamente interrogandosi, il poeta offre ai lettori con delicatezza e rifuggendo dal sentimentalismo privato; leggendo le sue parole sembra quasi che una mano sia pronta a stringerci nel dolore. (Pamela Serafino).
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