All’appello, contemporaneamente, ne mancavano otto. Tre per infortunio e cinque per cause di malattia. E senza gli infermieri, la sezione femminile di ortopedia ha dovuto chiudere i battenti. Almeno per questi giorni.
Sono tredici le donne ad essere state trasferite nell’area maschile, dove, invece, molti posti letto risultavano vacanti a causa del rallentamento delle attività programmate in concomitanza con le festività. I disagi e le critiche non sono mancati. “Abbiamo fatto il possibile”, si è giustificato il Direttore Generale della Asl leccese, Valdo Mellone. Sarà, ma quel che è certo è che questo non è che l’inizio delle conseguenze che si avranno con il blocco del turn over. Cinque giorni fa, infatti, ad andare in pensione è stato un qualcosa come 370 infermieri. Una cifra fin troppo corposa. Altri 61 se ne andranno nel corso del 2012. Ma i conti bisogna farli anche con il personale medico: 77, soprattutto dirigenti, hanno lasciato la Asl alla fine dello scorso anno. Altri nove, ma il numero è destinato a lievitare, lo faranno fra qualche mese. Speranze di sostituire tutto questo personale per il momento non ce ne sono, avendo sulla sua testa, l’Azienda sanitaria, la spada di Damocle del divieto di assunzioni, in seguito al Piano di rientro. Certo, dicevamo, non è che l’inizio. Perché tutto questo si incardina in un meccanismo perverso. Le discrasie tra il numero, sulla carta, del personale che serve e quello che, effettivamente, è all’opera sono abissali. Più in sofferenza i reparti di radiodiagnostica, chirurgia, oncologia, cardiologia, dove mancano ben 11 medici. 9 gli anestesisti da assumere, ma non si può, rallentando così le sedute operatorie. E, infine, appunto, ci sono gli infermieri. 129 i posti vacanti.