Vorrei subito precisare che l’argomento inerente alla ricerca di lavoro in provincia di Lecce, per essere trattato in maniera più o meno esaustiva, ha bisogno di un approfondimento giornalistico di non poco conto, in quanto non solo riguarda una fetta importante della società leccese
, ma si presenta articolato e complesso, se si vuol uscire dagli schemi dei luoghi comuni, utili solo al riecheggio di certe istituzioni e personalità politiche.
Motivo per il quale, l’argomento verrà trattato in almeno due parti.
Al di là delle solite lamentele, non è facile, soprattutto oggi rispetto ad altri tempi, trattare le problematiche dell’ingresso del mondo del lavoro o della riqualificazione di lavoratori non più giovanissimi. Siamo infatti nelle more di un delicato processo di riorganizzazione economica e politica e come tutti i momenti di riassetto, e soprattutto quello attuale, che pare particolarmente profondo, porta con sé grappoli di tensioni non sempre facilmente inquadrabili e a volte difficilmente riconducibili in un ambito istituzionale.
Ci troviamo in una fase del sentiero di sviluppo, in cui la prima difficoltà attiene al superamento delle resistenze al cambiamento. E questo sia a livello individuale sia a livello politico. Occorre oggi individuare un nuovo equilibrio, non prima di aver accettato la situazione per quella che è. Tornare indietro o rivendicare vecchie logiche del lavoro è del tutto inutile.
La storia non si ripete, almeno nella forma. E dunque occorre uno sforzo sia da parte del singolo sia da parte della politica e delle istituzioni di individuare nuove forme e nuovi assetti inerenti il lavoro e, soprattutto, per quanto riguarda le prassi e le procedure di ingresso in questo mercato da parte dei giovani. Ma c’è di più.
Al fianco dei giovani in cerca di lavoro, per i quali occorre un atteggiamento rinnovato, si colloca chi, in fasi avanzate del proprio processo lavorativo, necessita di riqualificazione, che per la storia è una vera novità.
Le recenti diatribe sulla questione del posto fisso sono solo un pour parler, per essere positivi ed ottimisti. Un eufemismo insomma, per nascondere certe logiche politiche non sempre a favore di chi è in cerca di lavoro. Siamo oggi, all’interno di un contesto globale e di un’economia di mercato, in cui tutto è flessibile, dove l’esistenza di imprese ed istituzioni non è più stabile sia sotto il profilo dimensionale, sia sotto il profilo territoriale, sia sotto il profilo produttivo. E dunque flessibili si presentano anche le competenze richieste ai lavoratori, le quali possono variare di anno in anno.
Di fisso, in tale prospettiva vi è solo il cambiamento, in parte riveniente dal riassetto dei mercati, in parte riveniente dallo sviluppo della tecnologia, che ridisegnano costantemente le competenze ed i confini delle aziende pubbliche e private.
Si potrebbe dire che l’instabilità, la flessibilità sono il prezzo della ricchezza e dell’opulenza. Non bisogna dimenticare che la provincia di Lecce è una delle più ricche del meridione. In sostanza, però il posto fisso è stata un’esigenza che l’uomo ha realizzato in un brevissimo arco temporale della sua storia (circa sessant’anni). Il posto fisso non è stata una conquista, ma una necessità socio-politica, per un verso, e aziendale, dall’altro, connessa ad una particolare congiuntura economica, caratterizzata da staticità. Oggi, o almeno dalla caduta dl muro di Berlino, si sta ritornando all’ordinario, alle logiche di sempre, che prevedono che il soggetto si sforzi di mandare avanti il processo di sviluppo in un contesto poco definito.
Certamente, il progresso non è qualcosa di definibile, programmabile, preordinato, ma è sicuramente incompatibile con atteggiamento e prassi prevalentemente orientate alla staticità. E invece di porre l’attenzione su ciò che non sarà più, come di solito fanno le forze reazionarie, occorre pensare a come interpretare i tempi correnti, capire ed attrezzarsi per i tempi che verranno. E per quanto riguarda l’occupazione il futuro richiede preparazione assieme a cura della persona, sotto tutti i profili: fisico, mentale e comportamentale. E questo perché l’equilibrio e le competenze richieste alle aziende per stare sul mercato, sono anche le caratteristiche richieste alla forza lavoro per essere utili e produttive.
Tutto ciò non esclude la tutela dei più deboli, la quale tuttavia non deve estendersi a tutta la società.
Solo con tali premesse si può approcciare a discutere positivamente sulla ricerca del lavoro non solo per i giovani, ma anche per chi è avanti con l’età.
(parte prima)