Non si può rimborsare ad un amministratore “qualsivoglia spesa”. Per questo la Cassazione ha confermato la condanna dell’ex presidente del Consiglio comunale di Lecce Stefano Ciardo per aver richiesto al comune, nel 2004, il rimborso delle spese per offrire a persone estranee all’amministrazione
una bella cena al noto ristorante milanese Savini, per comprare costumi da bagno e poi sottoporsi a massaggi, pedicure e manicure al centro benessere del lussuosissimo Hotel Principe di Savoia. Truffa e minaccia, con l’aggravante di aver abusato dei propri poteri e del ruolo rivestito sono le accuse per cui il politico, assistito dagli avvocati Pasquale Corleto e Gaetano Centonze, si è visto condannato all’interdizione per un anno dai pubblici uffici e alla reclusione per sette mesi, con pena sospesa.
I fatti sono noti. In occasione della fiera per la Bit del 2004, Ciardo, in quanto presidente del consiglio comunale, si era recato a Milano. Per le spese di viaggio, si era fatto anticipare 2.500 euro in contanti. Ma una cosa tira l’altra e le spese piano piano erano lievitate: cene al Savini, costumi da bagno, massaggi, pedicure e manicure hanno un prezzo piuttosto elevato. Per questo al suo ritorno a Lecce il politico si era affrettato a richiedere, “con artifizi e raggiri”, una nuova determina, ottenendo altri 1.380 euro per coprire “le spese aggiuntive impreviste ed imprevedibili”. Ottenuto il mandato di pagamento, ma non ancora i soldi, Ciardo si era recato di persona dal dirigente del servizio economico per “costringerlo” con le minacce, a consegnare immediatamente alla banca l’ordine di pagamento.
Per gli ermellini in pratica non è censurabile la decisione della Corte di appello di Lecce, che ha ritenuto la natura “illegittima perché indebita” di rimborsi di spese effettuate “per il soddisfacimento di esigenze strettamente personali dell’imputato”.