Fra i vari geroglifici con i quali gli antichi Egiziani solevano riferirsi al faraone, figurava quello relativo all’ape e che si pronunciava “bit”. Può sembrare strano che un sovrano ritenuto di origine divina, come appunto il faraone, potesse avere fra i suoi simboli quello che rappresentava l’insetto, eppure proprio
questo piccolo ed operoso animale riserva delle sorprese. Prima fra tutte la caratteristica di costruire le sue abitazioni rispettando perfettamente alcune regole geometriche. In secondo luogo, le api sono organizzate secondo una rigida gerarchia mai modificatasi nel corso del tempo. In ultima analisi, la sua capacità direi alchemica di trasformare il nettare in miele, alimento ritenuto divino sin dai tempi più antichi, garantendo al tempo stesso la riproduzione dei fiori. Poiché il geroglifico relativo al fiore significava esistere, ne consegue che il faraone-ape rendeva possibile l’esistenza del suo popolo. Alcuni studi clinici confermano le proprietà terapeutiche del miele, di conseguenza il faraone –ape era colui che aveva cura del suo popolo, dunque anche un re-guaritore. Ma le api erano anche un simbolo di immortalità e di resurrezione. Un simbolismo sicuramente affascinante!!!!!
Potrà sembrare ancora strano, tuttavia alcuni secoli dopo la prima dinastia dei re dei Franchi, gli ormai famosi Merovingi, si fregiavano del simbolo dell’ape, che per loro era uno dei più sacri. Quando nel 1653 venne scoperta nelle Ardenne la tomba del sovrano franco Childerico, figlio di Meroveo e padre di Clodoveo, fra i vari oggetti ritrovati, molti dei quali legati alla magia ed alla taumaturgia, figuravano circa 300 api d’oro massiccio con incastonati dei granati nelle ali. Tali api furono affidate al governatore dei Paesi Bassi, Leopoldo Guglielmo, fratello dell’Imperatore Ferdinando III d’Asburgo. Successivamente gran parte dei preziosi insetti sarebbe ritornato in Francia, il resto rimase nelle mani dei sovrani austriaci. Ci chiediamo perché. Un’altra caratteristica dei sovrani merovingi era quella di essere considerati dei re-taumaturghi che, avendo cura del loro popolo, ne guarivano anche i mali. Quindi, in due popolazioni così diverse e lontane nei secoli troviamo più di un punto di incontro di carattere simbolico. Interessante!!!!
Facciamo un salto di qualche secolo, ci troviamo nella cattedrale di Notre Dame a Parigi nella mattina del 2 dicembre 1804, Napoleone Bonaparte si autoincorona Imperatore dei Francesi e successivamente incorona anche la consorte Marie Josephine Rose Tacher de la Pagerie, già vedova del Visconte di Beauharnais, in presenza del pontefice fatto arrivare direttamente da Roma solo per benedire il nuovo impero ma non posare egli la corona sul capo. Sul mantello del Bonaparte e sullo strascico di Giuseppina, entrambi rosso porpora come il colore delle cappe degli imperatori romani e dei Merovingi, sono cucite quelle api provenienti dalla tomba di Childerico. Napoleone dunque riesuma il simbolo della più antica dinastia regnante francese, concedendolo anche ai suoi fedeli, nominati nobili del suo impero. Anche nella villa dove visse per un anno all’isola d’Elba, figura un blasone con una banda sulla quale sono cucite tre api. Ma perché il Bonaparte era così interessato a quel simbolo se già aveva scelto quello dell’aquila? Voleva forse comunicare qualcosa?
Prima di concludere, vorrei far presente che un altro simbolo riferito ai faraoni egiziani era il giglio e, guarda caso, questo è anche il simbolo della casa reale francese ma questa è un’altra storia.
Cosimo Enrico Marseglia