Il manager dell’Asl leccese, Valdo Mellone, ha incontrato, due giorni fa, l’assessore regionale alla Sanità, Ettore Attolini, per fare il punto sull’attuazione della prima fase del piano di rientro sanitario e per discutere tutti gli interventi della fase due.
Proprio la seconda fase rischia di scatenare proteste e malumori nella stessa maggioranza. L’Asl leccese, però, procede spedita, determinata nel difendere i tagli dei punti nascita e nel riorganizzare gli ospedali, anche se potrebbero esserci dei ripensamenti in corsa da parte del governo: lunedì prossimo la giunta regionale discuterà nuovamente la questione e deciderà se concedere qualche deroga. Sempre nella prossima settimana saranno coinvolti anche i consiglieri regionali che, come ha fatto Salvatore Negro, hanno chiesto di essere informati, nei dattagli, sull’attuazione del piano di rientro.
Nella riunione con l’assessore alla sanità, inoltre, si è discusso del nuovo ospedale che diventerà il punto di riferimento del territorio di Scorrano, Poggiardo e Maglie: sorgerà a Melpignano.
Il direttore generale dell’Asl leccese ci concede un’intervista prima di partire per qualche giorno a Vicenza, dove lo attende la sua famiglia, e si confida scherzosamente prima di cominciare: «Devo tornare subito da mia figlia, perché comincia a darmi del lei».
Direttore, avete deciso se essere indulgenti con Casarano o con Gallipoli? Nelle ultime ore si è fatta strada l’ipotesi che il governo regionale faccia un passo indietro e riattivi uno dei due punti nascita destinati alla chiusura. C’è chi teme che avrà la meglio l’amministrazione “amica”.
«Resteranno chiusi tutt’e due. Non ho prospettive di variazioni su questo, anche se c’è stata un’apertura del presidente Introna: l’ho letta sui giornali però. Lunedì prossimo si terrà la giunta, anche questo lo apprendo dai telegiornali locali».
I sindaci dell’area jonica, però, sono inferociti: la chiusura dei punti nascita di importanti centri come Casarano, Gallipoli e Nardò sta scatenando le proteste. Domenica, alle 19, il sindaco di Casarano, Gianni Stefano, con altri colleghi della zona, ha indetto una grande manifestazione di protesta contro la chiusura del reparto di ostetricia.
«Si lamentano ovunque, ci sono movimenti dappertutto».
Però, a Casarano non hanno tutti i torti, visto che la Commissione tecnica aveva stabilito che il loro punto nascita sarebbe rimasto in piedi.
«I documenti che sono stati messi in circolazione erano, in realtà, documenti preparatori, ma noi dobbiamo rispettare il quoziente regionale, che prevede cinque punti nascita».
Quindi, non c’era proprio spazio per Casarano?
«Esatto. Sono stati sacrificati quelli con meno di 500 parti. Scorrano è sopravvissuta col gioco dei veti e anche perché è in una posizione strategica e intermedia tra Tricase e Lecce».
E la questione del punto nascita privato di Galatina? Lì rischiano tutti il posto di lavoro.
«È sotto i 500 parti: deve chiudere! È per quello che l’ospedale pubblico si è salvato: perché i parti propri, uniti a quelli della casa di cura privata, superano la soglia di sopravvivenza. Altrimenti avremmo chiuso anche Galatina».
Si deve stringere per forza la cinghia, non ci sono i fondi?
«Bah… insomma, cinque punti nascita pubblici sono pure troppi, secondo me. A cosa servono dei punti nascita che fanno pochi parti l’anno? Poi, ci sono le strutture private di eccellenza sopra 500 parti l’anno. La soglia di efficienza è di mille parti l’anno: è quella che garantisce una massa critica sufficiente, per cui c’è il numero di medici e infermieri giusto, c’è la manualità, la casistica. Io ho intenzione, la settimana prossima, di lavorare a spron battuto su questa impostazione. Il problema è, dove non ci sono gli ospedali con il punto nascita, che fanno da riferimento e da attrattore, garantire il ‘percorso nascita’: fare l’ecografia senza fare la fila, la visita ginecologica senza fare la fila, tutte quelle cose che facilitano il percorso della gestazione. Poi, quando è ora, si fanno le valigie e si va a partorire, magari cercando quei punti d’eccellenza che danno maggiore sicurezza. Mia moglie ha partorito in un centro più lontano di 50 km da casa sua. Ai tempi della mia generazione si andava a partorire in Emilia, perché lì c’era il parto indolore e altre tecniche nuove per quei tempi. Spostarsi di poco non è una tragedia».
Non pensa che la politica possa fare un altro miracolo per tenere in piedi i punti nascita di Gallipoli o di Casarano?
«L’importante è che qualcuno paghi, ma in quello siamo bravi in Puglia, perché stiamo riducendo la spesa in maniera consistente. La Puglia va bene, mentre il resto d’Italia va male. Il problema è che avere un punto nascita che sia sotto una certa soglia di parti l’anno diventa un pericolo: è come avere il pronto soccorso senza cardiologia, diventa una cosa pericolosa, perché un parto su x, che diventa difficile o con delle complicanze, se non ha una struttura completa, che possa intervenire, si fa solo danno».
Un dramma perché non avrebbe gli specialisti per eventuali interventi fuori routine?
«Il dramma, poi, dei ‘micro-ospedali diffusi’ è proprio quello lì: che non hanno un livello di sicurezza e di garanzia del cittadino. Allora, se parliamo di prestazioni ambulatoriali, che uno magari ci va una volta alla settimana, se è un paziente cronico, o una volta al mese, lì ha senso avere l’ambulatorio sotto casa. Ma quando si ha bisogno dell’ospedale, si può andare anche in un ospedale più lontano e più efficiente».
A proposito di ospedali efficienti, a che punto è il progetto del grande Polo ospedaliero che sostituisca i nosocomi di Scorrano, Poggiardo e Maglie?
«La Commissione sta lavorando a spron battuto, si sta discutendo sull’individuazione del sito: c’è un pronunciamento della conferenza dei sindaci su Melpignano. So che la Regione lo sta accogliendo».
Quindi, se qualcuno non si metterà di traverso il nuovo ospedale dovrebbe sorgere dov’era la ‘Copersalento’?
«Sembra prevalere come ipotesi, perché è la più favorevole dal punto di vista logistico ambientale. Credo che sorgerà dove c’era la fabbrica inquinante: è un punto ben collegato, che si affaccia sulla Maglie-Lecce. Io, anche in una precedente intervista con lei, avevo spiegato che ero più favorevole all’ampliamento dell’ospedale di Scorrano, ma poi mi sono reso conto che è troppo difficoltoso».
Perché ha cambiato idea?
«Fare un padiglione, poi trasferire i reparti lì per mettere le mani sul primo padiglione diventa disagevole per cittadini, pazienti e per l’efficienza dei servizi, perché va fatto a spezzoni. Invece, facendo un ospedale nuovo si prendono tutte le attrezzature e in una settimana è tutto risolto».
Quali saranno i tempi per mettere su un nuovo ospedale?
«Giudici permettendo, due anni di lavoro: cioè, voglio dire, ricorsi permettendo. Ci vorranno un paio d’anni prima di arrivare all’aggiudicazione definitiva».
Come state affrontando i problemi della penuria di personale?
«Ci sono problemi, come tutte le estati, per la concomitanza delle ferie e per gli organici scarsi. Stiamo cercando di risolvere i problemi con una buona organizzazione».
Mancano anche molti primari?
«Una marea, ma stiamo attivando le procedure concorsuali, perché non si possono nominare i primari, finché non usciamo dal blocco del turnover. La cosa sorprendente è che ci sono tanti nomi autorevoli che stanno depositando le domande. Io sto facendo il cacciatore di teste, insieme ad alcuni miei colleghi anziani».
Gaetano GORGONI