Partiranno domani, dopo un’attesa lunga 24 anni, i lavori per il raddoppio a quattro corsie della Regionale 8, la strada che collegherà Lecce alle marine di Melendugno. La firma del contratto con l’associazione temporanea d’imprese si è avuta oggi, in Prefettura.
È a questa che l’assessore regionale alle Opere Pubbliche, Fabiano Amati, ha lanciato l’appello: “Approcciatevi come se foste cittadini, rispettate il cronoprogramma, riducete al massimo le criticità tra stazione appaltante e impresa”. Durerà 36 mesi il cantiere che sarà avviato proprio nella giornata di domani con le prime operazioni di esproprio. Ad annunciarlo l’imprenditore Palumbo, a capo di una delle società che si è aggiudicata il maxi appalto, la Leadri, assieme alla Montinaro Gaetano e figli Sas e a Ccc, il Consorzio Cooperative Costruzioni, vincitore anche delle gare milionarie della statale 275 e del nuovo padiglione del Vito Fazzi. I 15 km che verranno realizzati e che hanno scatenato le ire degli ambientalisti avranno un costo di 2,69milioni di euro a km, 55milioni di euro in totale, e prevedono dieci rotatorie e un cavalcavia, l’unico rimasto in piedi, vicino Santa Niceta, a Melendugno, rispetto al progetto originario, modificato anche in altri punti. Il tracciato si innesterà dalla tangenziale di Lecce e non da San Cataldo, per salvaguardare le Cesine e la costa. Nel tratto vicino Vernole avrà una nuova sede e non seguirà quella già esistente. Lì sorgerà anche l’area logistica di cantiere con la cava da cui estrarre i materiali necessari. “Abbiamo bilanciato l’impatto sull’ambiente con l’esigenza di mettere in sicurezza la strada e alla fine abbiamo ritenuto che questi lavori vanno fatti”, quasi si giustifica l’assessore Amati, che aggiunge: “questo serve a riscattarci anche dalla vergogna di un’attesa tanto lunga”. La storia della “Circumsalentina”, infatti, è a dir poco travagliata. È del 1988 il riconoscimento, da parte del Cipe, del finanziamento da 110.770.000.000 di lire, andato prima perduto per la sopraggiunta indisponibilità dei Comuni di Giurdignano e Otranto, poi recuperato dall’Ati e dalla Regione. A sollecitare lo sblocco anche i 300 operai in cassa integrazione da anni e con ammortizzatori in scadenza.