I presunti maltrattamenti di ogni genere sui giovanissimi detenuti del carcere minorile di Lecce sono tutti caduti in prescrizione. Nessuna condanna e nessuna assoluzione al termine del processo che ha visto come imputati nove agenti di polizia penitenziaria: l’ispettore Gianfranco Verri, il suo vice
Giovanni Leuzzi ed ancora Ettore Delli Noci, Vincenzo Pulimeno, Alfredo De Matteis, Emanuele Croce, Antonio Giovanni Leo, Fernando Musca e Fabrizio De Giorgi.
A dare il via all’inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Antonio De Donno, fu l’esposto presentato in Procura, nel 2006, dall’allora sottosegretario alla Giustizia Alberto Maritati, sulla base di racconti di alcuni operatori del carcere.
L’indagine, molto complessa, portò, nel novembre del 2008, al rinvio a giudizio dei nove imputati.
Secondo l’accusa, tutti avrebbero contribuito a sopprimere con la violenza qualsiasi cenno di dissenso non solo dei reclusi, ma anche del personale operante all’interno dell’istituto di pena. Testimonianze raccapriccianti furono raccolte tra i giovanissimi detenuti. C’è chi raccontò ad esempio di ragazzini denudati e pestati in cella, fino a “far uscire sangue da entrambe le orecchie” o “spezzare tre denti”.
Resta il giallo del carcere minorile. Ufficialmente chiuso nel 2007, per “il mancato adeguamento alle norme antinfortunistiche, della legge 626”, l’istituto di pena, situato sulla via per Monteroni, è tornato alla ribalta delle cronache giornalistiche di recente perché, nonostante l’assenza assoluta di giovani detenuti, all’interno continuano a lavorare ventotto dipendenti, a cui vengono pagati anche gli straordinari .
E resta il dubbio su cosa sia accaduto poco meno di dieci anni fa all’interno dell’istituto. La verità, perlomeno quella processuale, nessuno la conoscerà mai.