Il 7 settembre 1860 è un giorno funesto per il Regno delle Due Sicilie: Napoli viene letteralmente consegnate nelle mani di Garibaldi, che si impossessa di 80 milioni di ducati d’oro del Banco di Napoli e di 61 milioni di franchi oro appartenenti al patrimonio personale di Francesco II di Borbone.
Il 19 dello stesso mese i resti del Regio Esercito delle Due Sicilie annientano a Caiazzo le “Camicie Rosse” ma inspiegabilmente il successo non viene sfruttato perché la cavalleria e le riserve vengono tenute ferme. Contrariamente a quanto ci dicono i libri di storia, il 1 ottobre, sul Volturno, ancora una volta le armate delle Due Sicilie mettono in fuga i garibaldini ma la risoluzione finale della battaglia viene interrotta con l’ordine perentorio di ritirarsi per il timore di un attacco alle spalle da parte delle forze regolari piemontesi. Abbiamo già visto in altri articoli quanto corruttibili fossero le alte sfere dell’esercito ed i politici. Il 27 dello stesso mese, con l’incontro di Teano, in realtà avvenuto a Caianello, Giuseppe Garibaldi consegna il Regno delle Due Sicilie nelle mani di Vittorio Emanuele II che lo liquida cinicamente. Nel frattempo due plebisciti farsa sanciscono l’annessione del Regno al Piemonte. Resta il problema dei tanti prigionieri borbonici, esclusi al momento quelli che difendono Gaeta, e che costituiscono un serio pericolo per il governo della nuova nazione. Alcuni vengono inviati nel lager di Fenestrelle e fatti scomparire, in un modo tale da ridicolizzare quelli nazisti: immersi in un bagno di calce viva. Per gli altri il Cavour ed i suoi stretti collaboratori meditano di spedirli in Australia o in altre lande desolate, forse perché la calce comincia a scarseggiare o magari non è sufficiente a sterminare i militi fedeli ai Borboni.
Nel frattempo, oltre oceano, il candidato repubblicano Abramo Lincoln viene eletto Presidente degli Stati Uniti per un pugno di voti, e la sua elezione scatena una reazione a catena secessionista che in pochi mesi porta all’allontanamento dall’Unione di ben undici Stati del sud, in realtà potevano essere di più se lo stesso Lincoln non fosse intervenuto con sistemi repressivi drastici ed alquanto subdoli. Gli Stati secessionisti si uniscono in una Confederazione. Non staremo a discutere in questa sede il problema della schiavitù che in realtà fu solo un pretesto.
Fra i compagni d’arme di Garibaldi c’è un americano, il generale (grado conferitogli dall’eroe dei due mondi) Chatham Roberdeau Wheat, conosciuto nel 1850 e che aveva partecipato alla battaglia del Volturno, il quale, prevedendo nell’elezione di Lincoln la secessione degli Stati del sud, chiede al suo maïtre alcuni soldati borbonici da inquadrare in un’unità militare d’oltreoceano. Chiede proprio dei soldati borbonici non camicie rosse, quindi i fedeli di S.M. Francesco II non erano poi così inetti in fatto d’armi come vuol far credere una certa storiografia di regime. La richiesta viene accolta visto che quegli uomini sono un peso per il nascente Stato unitario.
Il 18 Marzo 1861, giungeva nel porto di New Orleans la nave “Elisabetta”, con a bordo 87 soldati dell’ex Regio Esercito del Regno delle Due Sicilie, in massima parte siciliani, ed il governatore della Luisiana, Thomas Moore costituì il 6° reggimento “Italian Guards” dell’esercito confederato, nel quale furono inquadrati anche i successivi sbarcati, precisamente fino a maggio 1861, mese nel quale cominciarono a sentirsi i primi effetti del blocco commerciale effettuato dai Nordisti. Il reggimento, insieme alle altre brigate europee, difese strenuamente la città di New Orleans durante l’attacco del generale Butler nel 1862 ma, una volta caduta la città, fu sciolto e le sue unità, nell’agosto del 1863, furono inquadrate nella compagnia H del 22° reggimento della Luisiana. Il nuovo reparto, trasferito nel settembre 1863 ad Alexandria Luisiana, venne assegnato alla brigata Thomas inquadrata nella divisione Mouton-Polignac, partecipando alla campagna lungo il fiume Teche ed alla battaglia di Mainfield, dove, al comando del generale Richard Taylor, sconfisse le truppe nordiste del generale Nathaniel Banks, nonostante la grande inferiorità numerica. A spingere i soldati di Francesco II ad arruolarsi volontari ad oltranza, fu anche la notizia dell’arruolamento di alcuni garibaldini in seno all’esercito nordista. Forse il desiderio di vendicare i torti subiti in patria giocava un ruolo rilevante nella scelta..
A parte l’Italian Guards, molti ex Borbonici erano inquadrati anche in altri reparti delle armate confederate ma con maggior concentrazione sempre in Luisiana e, fra questi, in particolare il 10° Reggimento Fanteria della Luisiana, agli ordini dal colonnello Mandeville De Marigny, subito inviato in Virginia dove, il 21 luglio 1861, ebbe un ruolo primario nella vittoria confederata di Manassas, sul Bull Run, prima battaglia della guerra, nella quale i Nordisti furono messi in rotta e fu solo per mancanza di forze fresche che Washington non cadde in mano ai Sudisti, ponendo fine già in partenza ad un sanguinoso conflitto.
Al Nord, intanto, si costituiva il 39° reggimento “Guardia di Garibaldi”, nel quale erano arruolate 69 ex “camicie rosse”, mentre il resto era formato da stranieri provenienti da vari paesi europei, e che aveva adottato quale vessillo la bandiera italiana già usata nel 1848 da Garibaldi in Lombardia e nel 1849 a Roma. Il 15 settembre 1862 il generale confederato Thomas G. Jackson, detto “Stonewall” cioè “Muro di Pietra”, occupò l’importante punto strategico sul fiume Potomac di Harpers Ferry, catturando 12.583 prigionieri, 73 cannoni e 13.000 armi portatili. Tra i prigionieri figurava il 39° reggimento “Guardia di Garibaldi” al completo, comportatosi in maniera indecorosa e vile durante la battaglia. Evidentemente senza i soldi di mamma Inghilterra, per corrompere i generali nemici, queste “camicie rosse” erano incapaci di combattere.
Una forma di giustizia storica alla fine c’è sempre. Peccato che da noi queste gesta non vengano insegnate nelle scuole. Chissà, forse fanno paura …