Gualtieri V di Brienne continuò la politica filo angioina del padre. Recatosi nei suoi possedimenti francesi, arruolò 300 uomini quindi li condusse nel Regno di Napoli, guidandoli in battaglia contro gli Aragonesi.
Le ostilità terminarono nel 1302 con la pace di Caltabellotta, siglata da Carlo II d’Angiò e Federico di Sicilia, e che segnò la divisione dei due regni. Subito il Conte di Lecce rientrò oltralpe, dove rimase fino al 1308, e nel frattempo prese in moglie Giovanna di Chatillon, figlia di Gualtieri di Porcian Conestabile di Francia. Poco dopo il rientro nel Regno di Napoli, la morte del cugino Guido de la Roche gli consentiva di aggiungere ai suoi possedimenti anche l’ambito Ducato di Atene.
La potenza di Gualtieri V non tardò ad entrare in contrasto con gli interessi dell’Imperatore di Bisanzio, il quale spinse il despota di Epiro ed il principe di Valacchia ad assalire il Ducato di Atene. Non potendo resistere ad una simile alleanza, Gualtieri si trovò costretto ad assoldare una masnada di mercenari catalani. Si trattava, in realtà, di un esercito di guerrieri di diverse nazionalità, anche se in massima parte catalani, assoldati dagli Aragonesi di Sicilia durante la guerra del Vespro e che, in seguito alla pace di Caltabellotta, si erano trovati disoccupati. Riunitisi in un’unica grossa armata, si trasferirono in Oriente, offrendo le loro spade e le loro lance al miglior offerente e per il resto vivendo di furti e saccheggi.
Gualtieri si recò a Tessalonica, dove al momento erano dislocati i Catalani, e li arruolò. I mercenari riuscirono a sconfiggere le forze alleate epirote e valacche, costringendo i sovrani vinti a cedere altri territori al Conte di Lecce e Duca di Atene. Tuttavia, una volta terminata la guerra, i Catalani si rifiutarono di farsi licenziare da Gualtieri, che si vide costretto a radunare nuovi soldati dai suoi possedimenti, per scacciarli. Lo scontro avvenne il 15 marzo 1311 sulle rive del fiume Cefiso, nei pressi della città di Tebe, e fu un vero disastro: i Catalani aggredirono violentemente le forze di Gualtieri V, che cadde durante la battaglia, mentre i suoi capitani furono massacrati. La soldataglia si spinse fino alle città di Tebe e di Atene, che finirono nelle loro mani insieme a tutte le altre piazze. Donne e bambini delle città occupate finirono in schiavitù.
Giunta notizia della morte del marito, in tutta fretta Giovanna di Chatillon, con i due figli bambini Gualtieri VI e Isabella, si imbarcò su una galea veneziana, prima di essere travolta dalla furia dei mercenari, e si recò a Napoli, chiedendo la protezione del sovrano, Roberto d’Angiò. Giovanna curò in maniera meticolosa gli interessi del figlio, dapprima affidando i possedimenti francesi dei Brienne a suo padre, quindi convinse il Re di Napoli a confermare a Gualtieri VI tutti i feudi posseduti nel regno dai suoi avi, Contea di Lecce inclusa. Giovanna tentò una nuova spedizione contro i Catalani, che spadroneggiavano nei territori greci del figlio, forte dell’appoggio del re di Napoli e del pontefice Clemente V, quello stesso che in quegli anni decretava la fine dell’ordine del Tempio, il cui comando venne affidato al Conte di Porcian, suo fratello. L’impresa si risolse in un ennesimo disastro perché, ancora una volta, i mercenari ebbero la meglio.
Giunto in età di intendere e di volere, Gualtieri VI pensò di liquidare la onnipresente madre che, a suo avviso, poteva creare ostacoli alla sue mire. Nel 1325 contrasse matrimonio con Beatrice, figlia del Principe di Taranto Filippo, fratello del Re di Napoli Roberto d’Angiò, e della principessa bizantina Ithamar Ducas Comneno. Si trattava di un matrimonio di notevole valenza politica perché, adesso, il Conte di Lecce poteva vantare legami parentali con i d’Angiò, con il re d’Armenia e con la famiglia imperiale di Costantinopoli.
Come suo padre, anche Gualtieri VI rivolse i suoi interessi verso il Ducato di Atene, preparandosi ad una nuova campagna contro i Catalani.
Cosimo Enrico Marseglia