L’entusiasmo e l’innovazione sono le fondamenta di un nuovo suono che, se miscelato con raffinatezza e tecnica, garantiva il successo. Un suono che era destinato spesso ad essere un remix di creatività e consumismo, a riciclare dischi vecchi con il carattere della nuova tendenza; non sono pochi i gruppi “effimeri” scomparsi dopo l’uscita di qualche demo. Un suono che, però, rivendicava le sue ragioni d’essere, con il costante intento di ascoltare, a prescindere dagli scopi o dai propri mezzi, “una musica del dire e non del detto” ed il geniale creatore di musica “de-genere”, come probabilmente avrebbe puntualizzato Carmelo Bene. Una musica totale, piena di spettacolo, non etichettabile, frutto di una sana pazzia artistica e di un talento fuori dal comune, in cui l’artista è “artifex”, “macchina” creatrice. Non c’è esempio che regga meglio di Frank Zappa, definito l’alchimista, il genio iconoclasta, una mente libera, indipendente, nemica del falso moralismo e della droga, un musicista assolutamente fuori da ogni regola che, come ha scritto Tom Waits, a proposito di The yellow Shark, ha composto musica con “…angeli quali Elmore James alla sua sinistra e Igor Stravinsky alla sua destra affidando ruoli e funzioni agli strumenti con le più folli regole”. Una sintesi in persona di tutto ciò che lo ha preceduto e di quanto gli sia stato attorno. Il 1982 lo vede in tour mondiale con tappa in Italia, dopo l’uscita dell’album Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch contente un singolo inciso con la figlia adolescente, Valley Girl, che intendeva far luce, attraverso l’imitazione della parlata tipica delle coetanee dei sobborghi di Los Angeles, sui loro miti vuoti e superficiali. Una “tappa” da percorrere quella di Zappa; le sue influenze, da Stravinsky a Varèse, sono così evidenti da interessare il contemporaneo compositore e direttore d’orchestra Pierre Boulez, che commissionerà a Frank un pezzo per la sua orchestra da camera, l’Ensamble Intercontemporain. Ne risulterà The Perfect Stranger, un brano visionario che “vanta” composizioni eseguite sul Synclavier, costosissima macchina musicale all’avanguardia dell’epoca.
È tempo del post-punk, del dark, dell’elettronica, aree della poliedrica musica new wave che si influenzano, a volte si allontanano per elaborare o rielaborare un suono che può comprendere gli infiniti spunti prodotti dal rock degli anni 60-70; risale al 1982 English Settleman degli XTC, completamento del trittico con Drums and wires del ’79 e Black sea dell’ ’80.
Nascono opere che fuori da ogni etichetta son capolavori, cavalcate verso il nulla dell’esistenza, supporti di malinconica efficacia. Sull’onda, ancora, di questo criss-crossed landscape 1982 si colloca Pornography di Robert Smith e dei suoi Cure, capolavoro del dark “alltimes” e disco in grado di esprimere una sincera e spontanea poetica rock, “sganciata” da qualsiasi banale imitazione di modelli esistenti sul mercato.
Sul panorama italiano, mentre in ambito “colto” si respira la longevità creativa delle ultime composizioni strumentali del Petrassi come Sestina d’amore per 6 strumenti (1981-1982), meditazioni religiose come Laudes creaturum per voce recitante e 6 strumenti (1982) e “risuonava” la voce usata come uno strumento di Berio, gli “alfieri italiani” della new wave sono due band fiorentine: i Litfiba ed i Diaframma, spesso “chiamate” a condividere lo stesso palco. Nel giugno dell’ ‘82 i Litfiba vincono la seconda edizione dell’ Italian Festival Rock di Bologna: esce il primo EP autoprodotto Guerra, un misto di punk e post-punk. Così, mentre nel mondo si varcavano gli ascolti di A broken frame dei Depeche Mode, Piero Pelù declamava i primi versi a Satana gettandosi dal palco sulla folla in rituale sacrificio di un oggetto qualsiasi distrutto, Vasco Rossi presentava Vado al Massimo al 32° Festival della canzone italiana con un “finale della scena” che vedeva “protagonista” il memorabile microfono in tasca. Un anno memorabile quello di Sanremo 1982: Riccardo Fogli al primo posto con Storie di tutti i giorni, al secondo un Al bano e Romina ancora insieme per conquistare 28 voti, a fronte dei 32 del primo classificato, con il brano Felicità, ma soprattutto il significativo riconoscimento da parte dei giornalisti a Mia Martini per E non finisce mica il cielo scritto da Ivano Fossati. È, ancora, l’anno della terza edizione di Fantastico e del primo grande vero maxishow di Canale 5: Premiatissima ’82. La direzione è affidata a Davide Rampello e a Valerio Lazarov, regista ispano-rumeno, specializzato nell’uso degli effetti elettronici, già sperimentati con successo in spettacoli come Tilt con Stefania Rotolo e Lady Magic con Ornella Vanoni. Il Maurizio Costanzo Show varca il suo “ingresso artisti”su rete quattro preannunciandosi, tra l’altro, quale trampolino di lancio per molti musicisti.
Carosone registrava il suo ultimo disco Carosone ’82 e Pino Daniele con Bella ‘Mbriana descriveva i difficili albori degli anni 80 a Napoli presentandosi come una raffinata anticipazione del world jazz. Un album di stampo internazionale (non a caso, realizzato con la partecipazione di famosi musicisti stranieri) seppur con gli immancabili riferimenti alla musica latina e al sound partenopeo moderno. È l’ora degli Appunti di viaggio di Conte, di E già di Battisti edito dalla Numero Uno, i cui testi, per la prima volta non firmati Mogol, portano il nome della moglie del cantante Grazia Letizia Veronesi e segnano il passaggio definitivo a sonorità completamente elettroniche. Ancora “classe ‘82” l’Arca di Noè di Battiato ed il brano Un estate al mare scritto dallo stesso Battiato insieme a Giusto Pio, inciso e portato da Giuni Russo al Festivalbar con successo. Da Miguel Bosè con Bravi ragazzi alla famosa Non sono una signora della leggendaria Loredana Bertè, sul palco vestita da sposa. Un doveroso ricordo ad un musicista che, con grande rammarico, ci ha recentemente lasciato; lo avevamo visto in compagnia del giovane cantautore Pierdavide Carone: Lucio Dalla. Il suo concerto live “saluta” l’ ultimo anno in Rai (RaiDue) per il festival che lascerà il timone alla Fininvest su Canale5 e poi su Italia1 fino a trasformarsi in una trasmissione musicale lunga dodici puntate che accompagneranno tutta l’estate. Estate 1982, un’estate ricca del binario Spagna-Italia, con il pallone italiano nel cuore del mondo ed una realtà ancora da scoprire. È l’epoca di E.T., “telefono casa”, portatore dell’indimenticabile miglior colonna sonora realizzata da John Williams. E, a proposito di cinema, non dimentichiamo che proprio nel 1982 il regista Alan Parker trasse dal grande successo degli anni Settanta di The Wall dei Pink Floyd l’omonimo film interpretato da Bob Geldof. Intanto emerge Il trio per corno, violino e pianoforte di Gyorgy Ligeti del 1982 dedicato a Brahms nel quale, come afferma Mario Messinis, «non c’è in senso letterale Brahms, ma una forte nostalgia per il passato con un melodismo persino struggente»; uno dei testi cameristici destinati a rimanere fondamentali del secondo Novecento, la storia che nasconde il genio Bartok, e, per citare ancora Mario Messinis, «una pagina che vive nella storia e che dimostra come talora anche la Nuova Musica non abbia smarrito le vie maestre della cultura ottocentesca».
Il 1982 è come un grande universo e, parafrasando il grande Woody Allen, potremmo affermare che siccome l’universo è in espansione, ciascun linguaggio si allontana sempre un po’ di più da chi gli sta di fianco per trovare un modo più personale di esprimersi. Un’arte fuori dall’opera in quanto ci è dentro, ma con in mente un cerchio che non è quello della fama, ma dell’esprimere il proprio essere nel tempo.
di Pamela Pinto