“Non può che essere stata la moglie ad uccidere Luigi Cera, tutte le prove e gli indizi raccolti nel corso dell’istruttoria dibattimentale nel processo di primo grado non lasciano dubbi e per questo chiedo la conferma della condanna di primo grado nei confronti di Enza Basile”.
Il procuratore generale Francesco Agostinacchio, nel corso della sua requisitoria, ha così invocato la conferma della condanna a 27 anni di carcere nei confronti della 48enne di Ugento, presunta moglie killer, davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Rodolfo Boselli) nell’udienza celebratasi nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola. Il prossimo 3 dicembre, discuteranno l’avvocato difensore della donna, Silvio Caroli e il legale di parte civile, Roberto Bray. La donna, indagata a piede libero e mai arrestata, sin dall’inizio cercò di depistare le indagini dichiarando agli investigatori che il marito si era suicidato sparandosi un colpo di pistola alla tempia. L’imputata ha sempre sostenuto che al momento della morte del marito, Luigi Cera, 44enne di Taurisano, si trovava al piano inferiore dell’appartamento in cui la coppia abitava impegnata a preparare un caffè. Troppe, però, le incongruenze riscontrate tra il racconto della donna e la ricostruzione dei fatti. Appena i sanitari giunsero in casa, trovarono la pistola in una posizione incompatibile con un’ipotesi di suicidio. L’arma venne successivamente ritrovata all’interno di una cassaforte solo dopo un’accurata ispezione dei carabinieri in casa. Inoltre sulle mani di Cera, i carabinieri dei Ris eseguirono la prova dello Stub che diede esito negativo mentre sulle braccia della donna vennero trovate varie ecchimosi ritenute compatibili con una colluttazione.