Questa volta è Raffaele Fitto a presentare il nuovo lavoro di Paolo Guzzanti, intitolato “Senza più sognare il padre”. “Mignottocrazia”, il precedente libro (che criticava aspramente il «berlusconismo della figa al potere»), «non l’avrei mai presentato», puntualizza l’ex ministro di Maglie.
A moderare l’evento, che si è svolto al Teatro “Il Ducale” di Cavallino,Raffaele Gorgoni, storico giornalista di Raitre, che ha voluto sottolineare il fatto che non si tratta solo di un libro autobiografico, ma un racconto di storie, di personaggi, un lavoro giornalistico interessante.
L’incontro con Franco Evangelisti, con il suo leggendario “a Fra’ che te serve” racconta un’Italia che, in alcuni aspetti, è rimasta sempre la stessa, dalla prima Repubblica a oggi, con i suoi Fiorito, «che ci sono sempre stati». La critica ha accolto bene il ritorno letterario di Guzzanti, che per Cazzullo racconta anche «il fascismo che, in Italia, non è mai morto». Il racconto si ferma al 2000, perché l’autore ha già parlato di Berlusconi in altri libri.
«Ho fatto della narrativa usando la mia famiglia, i miei genitori, come un puzzle, un esperimento che non ho provato mai – ha spiegato Guzzanti – volevo raccontare qualcosa che avesse una valenza per tutti: raccontando un’epoca scomparsa. Ho voluto parlare del conformismo italiano, della borghesia da cui provengo, dei cambiamenti nella chiesa». Nel libro c’è la vita di Guzzanti, con i racconti su Ezio Mauro e su Scalfari, gli scherzi in cui lui fingeva al telefono di essere Pertini e tante vicende «che ti mostrano un’Italia in cui non abbiamo avuto la forza di indagare tutto, o di dire tutto».
Anche a Cavallino nessuno è riuscito a sfuggire alla tentazione di parlare di politica, analizzando la storia raccontata nel libro. Guzzanti ha ricordato perché ha scelto di allontanarsi dalla sinistra da cui proviene: «Il nostro Paese è ancora preda della violenza verbale, lo vedo su internet: tutto questo perché nessuno ha il coraggio di dire che ha sbagliato, come ho fatto io, che ho creduto in un’idea sbagliata».Fitto ha voluto rifletteresul passato glorioso dei partiti, rivendicando le sue origini: «Sono molto contento di essere stato democristiano, di aver potuto vivere almeno gli ultimi anni di quel partito. Ritengo che il libro di Guzzanti sia un racconto sullo scorso secolo che ha il vantaggio di essere stato scritto da chi ha vissuto in prima persona gli eventi descritti. Da Pertini a Craxi, da Spadolini a Di Pietro: uno spaccato della storia del nostro Paese, raccontato entrando nel merito e dando delle chiavi di lettura diverse. Mi ha fatto divertire molto l’aneddoto, raccontato nel libro, sull’imitazione di Sandro Pertini: quando Guzzanti chiamava alcuni politici importanti di quel periodo che pensavano di parlare tutti con il presidente della Repubblica».
Il titolo del libro può far credere che tutto sia basato sul racconto personale, ma in realtà è il racconto dell’Italia, con i suoi vizi e con la sua politica. Il libro non ha un lieto fine: «Si chiude con una forte preoccupazione – sottolinea Fitto – il futuro inquieta. Oggi rischiamo di vivere una contrapposizione che non è più fatta d’ideali(come è avvenuto nel passato tra Dc e Pci), ma, come racconta Guzzanti quando parla dei suoi figli più grandi e di quelli più piccoli, priva di punti di riferimento, uno scontro fine a se stesso». Per l’ex ministro, la mancanza di valori, di idee e punti di riferimento sta risucchiando la società in uno scontro vuoto e pericoloso. Un buco nero in cui stanno colando a picco tutti i partiti, in primis il Pdl. Nell’intervista, prima della presentazione, Fitto ripete che le primarie potranno risollevare il partito, prova a fornire una versione edulcorata delle difficoltà che in questo momento attraversa il suo partito, ma il futuro sembra come l’epilogo del libro di Guzzanti.