14 anni di reclusione è la condanna inflitta ad Antonio Caricato, il 30enne di Cavallino, arrestato insieme ad Alessandro Verardi con le accuse di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione abusiva di arma da fuoco.
La sentenza è stata emessa dal Giudice del Tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, che ha alzato di due anni la pena invocata dal pm Guglielmo Cataldi. Caricato è stato assolto dall’accusa di detenzione abusiva di arma da fuoco e dovrà pagare anche una multa di 56 mila euro. Prima della richiesta del pm, Alessandro Verardi, il collaboratore di giustizia di 33 anni di Merine era stato ascoltato dinanzi al giudice del Tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, il 33enne è stato ascoltato in video-conferenza dalla località in cui si trova tuttora detenuto. L’udienza è iniziata con un leggero ritardo perché in aula non era presente il suo avvocato difensore, Damiana Fiormonte del Foro di Latina, e dal giudice è stato nominato un avvocato d’ufficio sul momento. Risolto l’iniziale intoppo, ad aprire le danze è stato il sostituto procuratore Guglielmo Cataldi che ha formulato una serie di domande all’ “illustre” teste. “Con Caricato ci frequentavamo assiduamente”, ha dichiarato Verardi, “ e al momento dell’arresto alla guida della moto mi trovavo io perché non mi fidavo di molti altri per come stringevano il manubrio, l’unico al quale concedevo la guida era Andrea Leo, bravo quasi quanto me a calibrare traiettorie con un due ruote”. “L’arma che mi è stata ritrovata l’ho acquistata dal fratello di Cristian Rizzo quando ricevetti un permesso premio e mi trovai nell’agro di Merine chiudendo l’affare. “Quando venni arrestato e insieme a Caricato venimmo trasportati in carcere nel reparto di infermeria durante l’ora di passeggio stilammo un accordo con cui mi addossavo io la responsabilità e la paternità della droga avendo un cumulo di pena già corposo da espiare. Successivamente il sostituto procuratore ha formulato la domanda sul perché Verardi abbia deciso di avviare una stagione di collaborazione. Al riguardo il 33enne, esprimendosi con un italiano fluente, ha fornito la sua ampia risposta: “Essendo ancora giovane e avendo un’intera vita davanti a me ho riflettuto e ho incominciato a pensare in maniera razionale. Mi sono fermato e davanti a me ho trovato un cumulo di macerie: una famiglia semi-distrutta, lo strazio di mia madre, dei miei fratelli, di mio figlio per cui ho maturato la decisione di intraprendere un percorso improntato alla correttezza e al rispetto delle regole e della legalità. Altra domanda “tosta” del pm è stata se a livello affettivo questa decisione quali risvolti abbia portato. Il collaboratore di giustizia ha rimarcato come abbia scelto un percorso molto duro per le vicissitudini in cui sono stato immischiato(probabile il riferimento a tutti gli attentati ai danni dei suoi parenti), e di tutti i torti subiti da quelli che considero i miei ex-amici e che hanno portato all’allontanamento dei miei cari”. Caricato, presente in aula, è difeso dall’avvocato Francesca Conte. Anche il legale ha formulato una serie di domande al collaboratore di giustizia. Ora è attesa la sentenza.