Quella di ieri è stata una giornata importante per l’informazione locale: sembra che la politica, a livello regionale e nazionale, si sia rimboccata le maniche per affrontare la grave crisi e il precariato degli operatori dell’informazione. In Regione è stato votato all’unanimità un ordine del giorno che impegna il governo a sostenere l’editoria del Mezzogiorno e a erogare finanziamenti «per la sopravvivenza delle voci locali che garantiscono il pluralismo dell’informazione». Ma la notizia più importante è quella che giunge da Roma: l’equo compenso è legge, dopo due anni di lotte e discussioni.
In tutta Italia sono sorti movimenti di giornalisti precari (a Lecce “Informazione precaria”), che hanno affiancato l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana nella battaglia per dire basta a compensi da fame e allo sfruttamento dei collaboratori. È solo un primo passo, l’affermazione di un principio, perché poi bisognerà lottare contro i soliti furbi, per un’applicazione corretta: ora c’è una base da cui partire.
A Lecce Teresa Bellanova e Adriana Poli Bortone sono state le parlamentari salentine più sensibili al tema: hanno partecipato alle riunioni dell’Ordine e hanno appoggiato questa legge. «Con l’approvazione della legge sull’equo compenso si compie, finalmente, un passo in avanti verso la tutela dei diritti dei giornalisti e di tutti quei professionisti che per troppo tempo sono stati vittime di sfruttamento», spiega la deputata del Pd. «In questi anni siamo stati, purtroppo, spettatori di casi aberranti fatti di precarietà e svalutazione del lavoro professionalizzato. Troppi lavoratori sono stati sottoposti a una condizione di estrema ricattabilità, anche da parte di imprese editoriali beneficiarie di finanziamenti pubblici e che spesso finiva per concretizzarsi col lavorare su turni massacranti e in condizioni economiche estremamente penalizzanti».
Teresa Bellanova è felice di aver partecipato alla scrittura di una pagina di buona politica, che valorizza i principi dell’art. 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Questo provvedimento – conclude la deputata – rappresenta un scatto di civiltà non solo nei confronti dei lavoratori, ma anche nella battaglia per tutelare la libertà d’informazione e l’autonomia del giornalismo».
Il presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino, esulta e ringrazia su Facebook: «Grazie a tutti. Ai vertici della Fnsi (da Franco Siddi a Roberto Natale) e a quanti hanno speso le loro energie per questo risultato. Grazie soprattutto ai tanti che, con paziente silenzio, hanno atteso questa legge (nata nella sede dell’Odg il 18.05.2010), vivendo sulla loro pelle lo sfruttamento. Si conclude una fase importante della mia vita. Non penso di aver saldato i miei debiti verso gli ultimi, trattati come schiavi non solo dagli editori. Ma mi sento un po’ più in pace con la mia coscienza. La lotta per la dignità non è finita».
«Con la legge sull’equo compenso per i giornalisti freelance e collaboratori autonomi approvata oggi definitivamente dalla Commissione Cultura della Camera riunita in sede legislativa cade un muro,- dice Franco Siddi, segretario Fnsi – quello innalzato dalla gran parte degli editori italiani, che si opponevano a considerare questa una realtà del lavoro meritevole di giusti trattamenti economici e obblighi sociali. La legge non risolverà tutto, ma nessuna azienda potrà più permettersi di ignorare che un freelance o giornalista collaboratore chiamato a fornirgli servizi d’informazione (oggi spesso pagato entro i cinque euro ad articolo) sia un lavoratore che dev’essere pagato il giusto e immediatamente. Non si potrà più dire che si tratta di “imprenditori di loro stessi” per attuare volgari forme di sfruttamento».
I titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive (i c.d. free lance) avranno diritto a un compenso che «non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività (eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati) dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto». Con questa legge tutte le retribuzioni da fame sono bandite: il principio è stabilito, ma la guerra per l dignità professionale non è vinta.