In provincia di Lecce sono poco più di mille, in tutta Italia se ne contano almeno 65mila: sono i lavoratori, in gran parte donne, che hanno dovuto lasciare anticipatamente il lavoro per accudire la famiglia e crescere i figli o assistere un familiare in gravi condizioni di salute.
Si tratta di lavoratrici e lavoratori ai quali la riforma del sistema pensionistico varata dal Ministro Fornero aveva cancellato in un solo colpo il diritto alla pensione di vecchiaia.
Con la circolare INPS n. 16 del 1° febbraio scorso questa possibilità viene reintrodotta.
Pertanto, tutti coloro che entro il 31.12.1992 sono stati autorizzati al versamento di contributi volontari per perfezionare il requisito dei 15 anni di contributi, tutti coloro che entro tale data hanno versato contributi per 15 anni, i dipendenti che pur svolgendo attività discontinua hanno una anzianità assicurativa di almeno 25 anni e un cumulo di 10 anni di contributi, anche per periodi inferiori a 52 settimane in un anno, possono presentare all’INPS domanda di pensione di vecchia al compimento dei 60 anni di età, se donna, dei 65 per gli uomini.
La circolare in questione si è resa necessaria per modificare una precedente interpretazione restrittiva dell’Istituto di previdenza, che, con circolare n. 35 del 14 marzo 2012, aveva depennato le deroghe previste dall’art. 4 del decreto legge n. 503 del 1992. La lettura aziendalistica da parte dell’Istituto della legge di riforma aveva provocato forti contestazioni da parte dei patronati e dei sindacati dei pensionati, dello SPI CGIL in particolare, che della Legge Fornero non condivide nessuna novità introdotta, in prima fila a difendere diritti maturati da più di vent’anni. E non solo.
L’opposizione dello SPI è scaturita anche dalla considerazione che si legalizzava un furto ai danni di migliaia di contribuenti che attendevano il compimento dell’età per chiedere la pensione. Le somme a suo tempo versate, non riconoscendo loro il diritto alla prestazione pensionistica, avrebbero impinguato le casse dell’INPS, finendo tra i contributi cosiddetti “silenti”, il cui ammontare è di svariati miliardi di euro.
Lo SPI CGIL Lecce esprime la sua piena soddisfazione per il risultato raggiunto perché, con le nuove disposizioni diramate alle sedi provinciali, è stata cancellata una vera ingiustizia.