FRIGOLE (Lecce) – Un approccio terapeutico che avrebbe causato la sofferenza e la morte di Claudio Lazzari al quale se gli fosse stato consentito di ottenere gli arresti domiciliari e di potersi alimentare come sempre aveva fatto dopo un intervento chirurgico di diversione bilio pancreatica non avrebbe sviluppato quel decadimento fisico e quella progressiva ed inevitabile involuzione che ne hanno poi determinato il decesso. Sono i dubbi e gli interrogativi contenuti in una denuncia presentata dall’avvocato Ladislao Massari per conto della moglie del 45enne residente a Frigole deceduto dopo una lunga detenzione il 21 luglio scorso.
I fatti hanno inizio nel lontano 1997 quando l’uomo viene sottoposto ad un intervento chirurgico di “diversione bilio-pancreatica” presso il Policlinico Gemelli di Roma al fine di porre rimedio ad una grave forma di obesità in una persona ad alto rischio cardiovascolare. Come tutti i pazienti sottopostisi ad una simile operazione anche Lazzari successivamente seguì una dieta alimentare molto ricca di proteine e carboidrati, provvedendo ad assumere costantemente integratori alimentari ed a sottoporsi a controlli clinici e di laboratorio periodici.
L’esperienza carceraria inizia il 4 ottobre del 2011 quando Lazzari è destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito della nota operazione “Augusta”. All’ingresso presso la casa circondariale di Lecce veniva annotato nella “visita medica di primo ingresso” che il detenuto risultava essere stato sottoposto ad intervento chirurgico di diversione bilio-pancreatica nel 1997.
Nel febbraio dell’anno successivo Lazzari venne sottoposto ad una visita specialistica richiesta dalla difesa, affidata al dottore Francesco Faggiano, medico legale, che rilevava come si fosse ridotto il peso corporeo del detenuto “a causa della incongrua dieta alimentare” e segnalava la necessità di una “dieta ipercalorica ed iperproteica”. Per un anno, per come potrà facilmente evincersi dalla lettura del diario clinico, i controlli medici specialistici e le analisi del sangue sarebbero divenuti saltuari ed episodici, laddove il rigoroso monitoraggio delle stesse era stato più volte sollecitato e prescritto dagli stessi sanitari che avevano visitato il Lazzari nella casa circondariale di Lecce.
E’ nell’estate di un anno fa, a distanza dunque di quasi due anni dall’ingresso in carcere, che la situazione sarebbe precipitata in modo del tutto irrimediabile, ma nella piena prevedibilità legata alla totale ed assoluta inadeguatezza dell’approccio terapeutico alle patologie del detenuto ed alla sua necessità di alimentarsi seguendo una dieta ricca di proteine e carboidrati. Dopo una serie di ricoveri e di richieste di scarcerazione rigettate dal Tribunale e di perizie medico legali, il gip Giovanni Gallo nel novembre scorso dispose finalmente l’attenuazione della misura cautelare con il riconoscimento degli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori accogliendo il ricorso dell’avvocato Massari che parlava di una persona sofferente, costretta su una sedia a rotelle, dimagrita in modo impressionante e che è sottoposto ad una detenzione degradante e tramutatasi in tortura”.
In casa dei genitori, però, rimase solo per pochi giorni perché venne immediatamente ricoverato presso l’Ospedale Vito Fazzi. Tale degenza durò più di un mese e mezzo e venne riconosciuto invalido con totale e permanente invalidità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani: ulteriore tappa verso un decadimento fisico drammatico e che avrebbe avuto inizio proprio nel corso della carcerazione presso la casa circondariale di Lecce. Lentamente, però, il corpo del 48enne si sarebbe deperito in un viaggio senza ritorno e dopo un ulteriore ed ennesimo ricovero e immani sofferenze Claudio Lazzari morì il 21 luglio scorso.
Francesco Oliva