LECCE – Avevamo già scritto del professore salentino candidato al “nobel dell’insegnamento” e ci siamo recati presso l’istituto Costa di Lecce per far conoscere meglio i sogni e i progetti del “super prof” leccese.
La valigia per Dubai è pronta? Metaforicamente, con cosa l’ha riempita?
Assolutamente no, non è pronta anche perché vivo quest’esperienza come se avessi già vinto. Sapere di essere tra i 2 insegnanti in Italia, tra i 9 in Europa e tra i 50 al mondo ad essere stati selezionati è già una vittoria sia per me che per questa scuola. Mi piace pensare che sia proprio il Costa ad essere stato candidato per questo “Nobel per l’insegnamento” per tutto ciò che ha fatto in questi anni.
Se dovesse vincere, cosa le piacerebbe realizzare con i soldi del premio?
Questo quesito mi è stato posto direttamente dalla fondazione (la Vankey Gems Foundation) nelle varie domande in cui dovevo descrivere la mia attività di insegnante negli ultimi 20 anni.
Sinceramente, ho risposto che una parte di quel premio l’avrei impiegata per rendere la vita un po’ più semplice.
Non è un segreto che i nostri stipendi siano i più bassi del mondo occidentale, ma andiamo avanti nel nostro compito anche senza premio.
A livello professionale, ho 2 impieghi ai quali sto pensando:
Il primo è di autofinanziare le nostre start up, quelle che sono state accantonate perché prevedevano un finanziamento iniziale. Abbiamo spinto i nostri ragazzi a creare progetti che non avessero bisogno di un sostentamento economico e col premio potremmo andare a ripescare quelle buone idee e finanziarle senza andare a bussare ad altre porte.
Il secondo, è un sogno che ho da diversi anni e che circa 2 mesi fa è stato reso pubblico. Creare una sorta di fondazione che abbia come scopo quello di aprire tutte le scuole elementari, medie e superiori nel pomeriggio e offrire agli studenti un luogo dove potersi applicare nei vari ambiti. Adoro i temi legati alla pace, all’eco-sostenibilità, alla musica, allo sport e quindi immagino le scuole aperte in cui vengono sfruttate le aule, i laboratori informatici, le attrezzature e le palestre in maniera tale che i ragazzi possano essere spinti verso questi obiettivi. Ovviamente, più sono impegnati su queste tematiche e meno sono spinti a far nulla o, come spesso succede, nelle devianze sociali come droga o alcool.
“Aria noa” è il fiore all’occhiello della sua visione di un insegnamento dinamico e innovativo, una realtà che dopo 10 anni è diventata grande e cammina da sola. E’ un progetto replicabile in altre scuole?
Si è replicabile ma non è semplicissimo, perché la scuola italiana non permette la creazione di una società all’interno della scuola stessa. Noi 10 anni fa abbiamo bypassato questa regola, insieme alla collega Elisabetta D’enrico e a 16 alunni, creando una nostra società cooperativa, con cui la scuola non aveva nulla a che fare.
Con il Costa abbiamo stilato un protocollo d’intesa con reciproca convenienza, infatti la società era ospitata nella struttura dell’istituto e la scuola aveva l’opportunità di dare ai suoi studenti delle chance lavorative con concreta possibilità di guadagnare denari senza compromettere nulla a livello legale. Da 2 mesi a questa parte, siamo “scesi dal palazzo”, abbandonando le comodità e l’ospitalità della scuola, affrontando la vita reale anche in questo senso. Abbiamo preso in affitto un locale in via Imperatore Adriano al cui interno vi è il nostro ufficio, i ragazzi oggi a differenza di prima, sanno che devono pagare un affitto e far fronte a costi e bollette e di conseguenza c’è una sorta di stimolo in più a produrre che si aggiunge alla presa di coscienza che fare impresa non è soltanto portare avanti un’idea ma sopportare e sopperire il peso di spese e scadenze.
Nessuno ha la bacchetta magica, ma con quasi 30 anni di insegnamento sulle spalle, cosa farebbe per migliorare il sistema scolastico italiano?
Il mio personale parere è che i contenuti della scuola italiana sono eccellenti. Qualcuno dice che sono troppo spinti verso le materie umanistiche, ma i contenuti sono assolutamente eccellenti.
Quello che deve cambiare è il modo di rapportarsi con gli alunni. Ripeto spesso che gli studenti negli ultimi 10 anni hanno avuto un’evoluzione, sicuramente, per ciò che riguarda la vita all’esterno della scuola.
Al di fuori di questo mondo c’è una multimedialità sfrenata, un dinamismo incontrollato tra social network, whatsapp, smartphone, il web e i blog e la scuola fatta con le tecniche tradizionali risulta essere un po’ noiosa, dato tutto l’attivismo che c’è fuori. Allora, se riuscissimo a introdurre nella scuola questi strumenti come mezzi per comunicare diversamente con gli alunni e trasmettere gli stessi contenuti che abbiamo ora, credo che si potrebbe fare qualche passo in avanti.
In bocca al lupo, prof.
Tri.Di.