ATENE/SALENTO – Sembra sia successo davvero. Quel che si pronosticava da qualche tempo è avvenuto oggi con la Grecia chiamata alle urne che ha dato la sua preferenza al partito di estrema sinistra guidato da Alexis Tsipras.
Gli occhi dell’Europa erano puntati da tempo sul Paese considerato fanalino di coda di un continente/unione da tempo malato e che per rimpinguare le sue tasche ha lanciato politiche di austerity ai Paesi membri. A pagarne le conseguenze sono stati quei Paesi già provati da una crisi economica che ha segnato il passaggio dall’economia della produzione a quella delle finanze.
La Grecia in primis ma anche la Spagna e l’Italia hanno raggiunto livelli storici per disoccupazione, debito pubblico e decrescita tanto da annullare l’intera classe media, ad allargare la forbice tra ricchi e poveri e a stremare le fasce più deboli della popolazione.
In questo scenario i governi nazionali hanno timidamente mediato con l’Unione trainata da una Germania in piena forma, senza mai opporsi alle politiche di austerity vere responsabili dell’impoverimento dei Paesi membri.
Tsipras dunque, a capo di Syriza, il partito popolare di estrema sinistra, in caso di vittoria – aveva annunciato qualche giorno fa – avrebbe chiesto all’Europa la ristrutturazione del debito pubblico greco. A questa misura la Germania si oppone, nonostante in altri tempi anche la nazione tedesca, fiaccata dal secondo dopoguerra, ebbe bisogno della cancellazione del debito pubblico con il consenso dei Paesi europei. Ma la politica, si sa, ha la memoria corta.
Alexis Tsipras, contrariamente a quanto divulgato finora da quella comunicazione che mira alla strategia del terrore, non vuole uscire dalla Comunità, né dalla zona euro, il suo programma è chiaro: “restare in Europa per cambiare l’Europa”. E in Europa si può vivere anche senza le politiche di austerità, basta invertire la rotta sugli obiettivi economici, sugli investimenti e sui mercati.
Se da questa sera dunque i cugini greci hanno un nuovo leader del partito che, dai dati degli exit pool ha raggiunto quasi il 40 per cento vincendo anche il premio di maggioranza di 50 seggi, la Spagna guarda con speranza a Podemos, il partito guidato da Pablo Iglesias; entrambi sul palco di Atene hanno chiuso la campagna elettorale greca cantando “Bella ciao”, la canzone dei partigiani italiani che rappresenta la resistenza e la lotta al cambiamento.
Meno radicale la situazione politica italiana che con le alleanze e le larghe intese ha ridotto fino quasi ad annullare le differenze ideologiche dei due principali schieramenti e la sinistra, già interessata da molte correnti, si è ulteriormente moderata. Solo la Puglia con un governatore al secondo mandato e a capo di un partito chiamato Sinistra ecologia e libertà, cercava fino a poco tempo fa la sua “primavera”. Un partito oggi un po’ acciaccato che tra “fabbriche” e “laboratori” ancora ci prova a costruire un seguito, questa volta con un nome anglosassone: “human factor” fattore umano.
La convention di tre giorni a Milano voluta da Nichi Vendola si sta concludendo in queste ore e dovrebbe dare vita ad una nuova sinistra proprio mentre Sel perde pezzi. La segreteria leccese che raccoglieva le istanze di tutto il Salento, infatti, si è dimessa in massa pochi giorni fa perché non ha condiviso la scelta del partito di non candidarsi alle regionali. Al di là dell’ Adriatico invece, la Grecia ha scelto il suo leader di sinistra, il leader di sinistra ha tenuto insieme un gran numero di greci che gli hanno legittimato la fiducia a rappresentarli. Anche in Italia potrebbe succedere.
M.Cristina Pede