La poesia ha una verità estrinseca, è cromatica, si eleva al caleidoscopio della vita con l’umana bellezza di chi la scrive, ne parla, la comunica magari davanti a un caffè proprio come era solito fare il nostro Antonio Verri (Caprarica di Lecce, 1949-1993).
Sulla scia indicata dal Verri, e dai poeti salentini, mi piace parlare di “Verso levante”. Un secolo di poesia pugliese (1943-2013), l’antologia poetica curata da Salvatore Francesco Lattarulo.
È un prezioso cesto e ricco di tanti versi, raccolti come ciliegie con premura e amore da Lattarulo, il quale crede nel valore salvifico che ha la poesia, oltre alla sua mole culturale. La poesia – sembra dirci l’autore – va diffusa ovunque, deve insinuarsi e raggiungere le zone più impervie e imperscrutabili della mente umana. “Tutti devono saperne di poesia”, appare un imperativo categorico che Lattarulo pone; tutti devono conoscere, indistintamente dall’amare o odiare, ma conoscere i propri poeti e, la terra pugliese, di poeti ne ha da invidiare. Così come è necessario sapere della loro storia che è insita nel “dna” della stessa Puglia.
Si comincia da Antonio Verri che nel corso della sua vita dedica la stessa alla poesia in un altalenarsi sfuggente e quasi simbiotico, un’esigenza vitale parlare di poesia per il poeta di Caprarica, non è una questione provinciale, né superficiale. Si procede poi con Marino Piazzolla, Luigi Fallacara, con Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, sino a Girolamo Comi, descritto come “figura-ponte che permette di collegare le due zone contigue della Puglia, l’idruntina e la barese, in un itinerario che qui si snoda a rovescio rispetto all’ordine sequenziale degli autori antologizzati del volume, procedendo dal Capo al Gargano, dal mare alla montagna”. (p. 25).
“Verso levante” è un pullulare di poeti che hanno tessuto le trame della storia della poesia pugliese, terra che abbraccia i paesi del Mediterraneo caldi, solari, solitari, deliranti, discordanti in un ritmo contraddittorio eppur estatico.
Come polline, i nostri padri della poesia pugliese hanno seminato i loro versi fino a generare figli desiderosi, ingordi di poesia come Lino Angiuli, Emilio Coco, Salvatore Toma, Antonio Verri: «Aspetto il pane quotidiano / delle tue parole / nate dal canto delle rose. / Aspetto il sussurro della tua voce / dall’intrico di chiome d’ulivi». (Grazia Stella Elia, p. 93). E ancora: «Quatti quatti / come randagi gatti / con due versi in tasca / frangemmo il muro / della notte / e del dolore». (Daniele Giancane, p. 123).
Poeti che hanno cantato la vita in poesia, per necessità, per mestiere – come afferma Rina Durante – con fatica hanno cercato di raccontare la verità di tutti e hanno raggiunto il loro scopo egregiamente, forse purtroppo di questa bontà non sono stati ripagati da tutti allo stesso modo.
C’è, tuttavia, chi ancora oggi fortunatamente parla di poesia, la fa, la vive, la racconta, dedica spazio e tempo, come in tal caso si propone di fare con un progetto ambizioso, non esente da critiche pregiudizievoli, come speso accade in terra salentina, Lattarulo con “Verso Levante”, un’antologia poetica che dà voce a padri, figli e nipoti, permettendo di vivere e rivivere la Poesia con la “P” maiuscola.
Il lettore dovrebbe porre attenzione, meditare, contemplare, soffermarsi su ogni verso, per far sì che si possa sentire l’odore della poesia, il profumo, il sapore, per goderseli, infine, identificandosi in versi vissuti sofferti, raccontati con fatica e amore per la propria terra.
E dunque, “Verso levante”. Un secolo di poesia pugliese (1943-2013), a cura di Salvatore Francesco Lattarulo, sembra proprio un libro da non perdere, forse anche perché ognuno di noi possa conoscere la poesia delle nostre generazioni, possa tutelarla e trasmetterla orgogliosamente alle future con la stessa intensità, amore e sofferenza che è stata scritta e vissuta dagli uomini-poeti.
Alessandra Peluso