Quando parliamo di poemi, immediatamente vengono in mente i poemi di Omero, l’Eneide di Virgilio, la Divina commedia di Dante, e invece, oggi, mi trovo a leggerne uno scritto dalla nostra contemporanea salentina Mariateresa Protopapa, dal titolo “Sotto la piega dell’ala del gabbiano”.
Particolarmente interessante è la vista della piega dell’ala del gabbiano, dall’alto del volo di un gabbiano sino alla profondità del mare, in un nascosto dettaglio, che solo un osservatore attento come il poeta può fare. Un collage di versi che narrano una storia, costellano l’intero poema.
La speranza di Mariateresa Protopapa – scrive Giovanni Invitto nella prefazione – è che sia la situazione a sconfiggere il dolore dell’assenza, i pensieri voleranno via “come bianchi teli di lino”.
Ma l’autrice dona più di una speranza: i colori e i sapori che risvegliano il lettore nell’intravedere la calda estate, la tempesta che lascerà il posto al sole splendente, l’alba al tramonto, l’assenza alla presenza, in un perfetto altalenarsi di contraddittori stati d’animo che suggellano le stagioni della vita.
Così, si legge questo poema, mescolando passioni intense a tiepide sensazioni amorose, tenendo sempre viva la speranza della linfa della vita, che nutre, proprio come un gabbiano i suoi piccoli, padrone incontrastato del suo cielo e del suo mare. E qui, che Mariateresa Protopapa viaggia, percorrendo, con le ali del gabbiano l’esistenza con audacia, se pur guardinga, giunge alla vetta e a suon di metafore, manifesta tutti i suoi timori, le gioie, gli incontri e gli scontri di un mondo che comunque gli appartiene.
Sublimi versi si snodano come onde, ritagliati come ali di gabbiano, li troviamo persino sulle pagine del libro poetico “Sotto la piega dell’ala del gabbiano”. E si rincorrono “fluttuando come eco / nell’aria, / come cerchi nello stagno / come scia dall’orizzonte / come nuvole di panna / come melograni in fiore / sui viali dei sogni” (p. 17). Ed ecco che il quadro è compiuto, mentre volano di tanto in tanto farfalle, posandosi delicate sui primi fiori di primavera.
Mariateresa Protopapa sembra di stare davanti alla sua tela e, contemplando la natura, dipinge, così i versi fuoriescono come lava incandescente, e lei è lì a osservare ogni minimo dettaglio, incantata dalla meravigliosa natura.
Un poema bucolico dunque, semplice, che richiama la terra salentina, forse perché anche coloro che lo leggeranno rimarranno estasiati dalla bellezza e impareranno a guardare con occhi diversi questo Sud.
Si prosegue, e nel bel mezzo del poema, si sentono profumi di magnolia, mandorli, ulivi e mirti, le api ronzano compiendo giri vorticosi; mentre, nella tranquillità della natura si intravede un leone, proprio come nella vita, si sa che si incontreranno i leoni, i re, i dominatori della giungla, tuttavia, l’autrice dimostra che non bisogna temere, perché è opportuno manifestare il coraggio di vivere liberi e volare alto come i gabbiani.
«Nel tonfo magico, / sul precipizio alle spalle / rumoreggia il flebile battito d’ali / la farfalla, / lì a sussurrare di non temere l’ala del gabbiano, / ma di mirarla e imitarla / sino a chiedere l’ausilio / la carezza / dell’ala del gabbiano» (p. 25). Ecco allora, farfalla, gabbiano, o ape, – voi siate – ricordatevi che la vita va vissuta interamente nella sua totale magnificenza.
di Alessandra Peluso