MIGGIANO (Lecce) – Approda in un’aula di Tribunale l’inchiesta sui presunti abusi edilizi ai danni della cala di Porto Miggiano. In otto sono stati rinviati a giudizio dal gup Carlo Cazzella dopo una lunga e articolare udienza preliminare in cui accusa (rappresentata dal sostituto procuratore Elsa Valeria Mignone) e difesa si sono dati “battaglia”. Alla fine il giudice ha optato per il rinvio a giudizio.
Così, dal prossimo 24 novembre dinanzi ai giudici della seconda sezione penale (Presidente Pasquale Sansonetti) dovranno comparire: l’ex sindaco di Santa Cesarea Daniele Cretì, 49enne del posto; Luigi Stanca, 56 anni, di Soleto, funzionario dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica; i progettisti Antonio De Fazio, 65enne, di Bologna; Mario Rotolo, 61, di Monopoli; Giovanni Bosco, 59 anni, di Palermo e l’architetto Francesca Pisano, 48, di Tricase, nel ruolo di collaudatore dell’opera; il direttore dei lavori Daniele Serio, 52, di Lecce; Salvatore Bleve, 61 anni, di Santa Cesarea Terme l’amministratore della Cem (esecutrice dei lavori) e dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea. Le posizioni di Maria Grazia Doriano, 37, di Vico Equense e Francesco Leo, incaricato della progettazione dell’opera, sono state stralciate per un difetto di notifica.
Le accuse, a vario titolo, sono distruzione e deturpamento delle bellezze naturali e falso ideologico in atto pubblico. Gli avvocati difensori, tra cui Stefano De Francesco, Luigi Rella e Francesco Galluccio Mezio, hanno sostenuto l’assoluta correttezza dei propri assistiti ribadendo come tutte le procedure siano state eseguite nel rispetto delle leggi. Nel frattempo, in fase di indagini preliminari l’altro pubblico ministero – titolare del fascicolo d’indagine – Antonio Negro ha disposto l’archiviazione di Lucia Di Lauro, funzionaria dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica.
I presunti abusi sarebbero stati compiuti in un’area sottoposta a molteplici vincoli. Le indagini – che si sono avvalse delle consulenze di Dino Borri e Giuseppe Tommasicchio – fecero emergere svariate irregolarità tra cui una “mastodontica diga marittima a scogliera radente e dirette oltre alla dichiarata messa in sicurezza del costone roccioso anche a creare una piattaforma destinata ai bagnanti”. Tutte queste opere sarebbero state compiute senza interpellare l’Ufficio Demanio della Capitaneria di Porto di Gallipoli e in assenza del nulla-osta rilasciato dalle Autorità preposte al vincolo. Inoltre gli imputati si sarebbero adoperati per realizzare “una rozza spianata” all’apparenza da adibire a parcheggio sul terrazzo sovrastante la cala.
Questi extra-lavori, eseguiti grazie allo stanziamento di tre milioni di euro di fondi pubblici destinati a mettere in sicurezza il costone costiero, avrebbero avuto un effetto contrario: la falesia – secondo le conclusioni della Procura – sarebbe stata irreparabilmente deturpata con un incremento del disequilibrio idrogeologico e resa, se possibile, persino ancor più pericolosa.
Francesco Oliva