LECCE – Se non fosse intervenuta la magistratura, questo sarebbe stato l’ultimo giorno del piano di emergenza in cui Silletti avrebbe dovuto completare gli ultimi abbattimenti. Invece tutto è fermo e da domani la gestione tornerà nelle mani della Regione Puglia. Quindi, la Puglia dovrà comunicare nei prossimi giorni qual è il suo piano di contenimento, visto che non si potranno più abbattere alberi. Nei prossimi giorni ne sapremo di più. Per ora Regione e Ministero sono su due posizioni diverse: per il governo centrale sarebbe meglio seguire il piano dettato dalla Ue.
Intanto, la conferenza Stato-Regioni ha detto sì al decreto che permette la commercializzazione dei prodotti con la sigla «area indenne da xylella», per tutto il territorio nazionale, compresa la Puglia: con questa certificazione i vivaisti potranno continuare ad esportare anche nei paesi che hanno posto barriere più rigide alle esportazioni di piante a rischio Xylella. Ci sono tante vicende connesse ala «caso Xylella», ad esempio quelle dei proprietari dei fondi e dei Comuni, anche loro impegnati in una battaglia legale per il riconoscimento dei loro dei diritti. Gli avvocati Francesco Tuccari (che è anche professore di diritto amministrativo dell’Università del Salento) e Alessandro Orlandini, difendono alcuni comuni salentini in una battaglia che coinvolge anche l’Europa.
Voi difendete alcune amministrazioni comunali. Che idea vi siete fatti del «caso xylella»? L’intervento della Procura di Lecce ha rafforzato le «tesi complottiste» e, comunque, molti agronomi sono convinti che bisognerà convivere con questo problema.
«Si tratta di una vicenda assai articolata e complessa, che ci vede professionalmente impegnati sul terreno giurisdizionale amministrativo per conto di alcuni Comuni che agiscono quali enti esponenziali delle comunità di riferimento a tutela del territorio e dei collegati valori e interessi (paesaggio, ambiente, salute, economia, etc.). Le esperienze fin qui condotte anche all’estero hanno dimostrato che l’abbattimento delle piante può risultare inutile quando non addirittura dannoso, dal momento che, nonostante l’applicazione di una misura così drastica e irreversibile, la diffusione del batterio è suscettibile di non regredire e perfino di aumentare».
Come andrà a finire questo conflitto caotico tra pronunce del Giudice amministrativo, UE, Ministero e Procura di Lecce?
«Il quotidiano mutevole evolversi della vicenda rende azzardata qualunque previsione finale, tanto più alla luce del rapido succedersi e sovrapporsi degli ultimi eventi, che nondimeno vanno attentamente monitorati e valutati, quali la procedura europea d’infrazione aperta nei confronti dell’Italia; gli sviluppi del procedimento penale in corso; il c.d. rinvio pregiudiziale effettuato dal Tar Lazio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla questione di validità della decisione di esecuzione 2015/789 UE circa l’abbattimento immediato delle piante ospiti, indipendentemente dal loro stato di salute, nel raggio di 100 metri attorno alle piante infette; il nuovo piano degli interventi, di prossima pubblicazione, che affronta l’emergenza Xylella escludendo gli abbattimenti delle piante non infette; la collegata attività di supporto della task force regionale; l’imminente “passaggio di consegne” dalla gestione straordinaria commissariale a quella ordinaria della Regione Puglia (il 6 febbraio prossimo, ndr); la discussione sul leccino; la scoperta di nuovi focolai in provincia di Taranto, etc».
Perché le misure di distruzione degli ulivi non sono necessarie, secondo voi? L’Europa si è basata su un parere dell’Efsa. Silletti era convinto che non abbattendo gli alberi il batterio si sarebbe diffuso in modo esponenziale.
«Come risulta da verifiche effettuate in situ e come si legge nella delibera della Giunta regionale pugliese n. 815/2015, la Xylella non comporta la morte fisiologica della pianta né produce effetti sulla qualità delle produzioni agroalimentari. Vi è poi da considerare la massiccia presenza di ulivi monumentali e secolari, tutelati da numerose norme statali e regionali. Il loro abbattimento, così come più in genere quello di altre piante, rimane quindi una misura ultimativa a cui ricorrere con estrema cautela».
È realmente possibile salvare gli alberi? Quali sono i risultati degli studi su cui vi siete concentrati?
«Gli esiti delle cure fin qui sperimentate sugli alberi infetti fanno ben sperare, avendo determinato in molti casi la loro ripresa. Naturalmente si tratta di primi risultati che necessitano di ulteriore conferma».
Dal punto di vista legale, come state portando avanti questa battaglia per conto dei Comuni che voi rappresentate? Quali sono i prossimi step?
«Al momento siamo in attesa della decisione della Corte di Giustizia e, a seguire, della sentenza del Tar Lazio. Valuteremo la possibile incidenza sul contenzioso in essere del nuovo piano degli interventi non appena esso sarà pubblicato».
Gaetano Gorgoni