BRINDISI – Un vorticoso giro di soldi e affari con le oloturie (volgarmente conosciute come pizze marine) sull’asse Salento–Brindisi–Cina. Gli uomini della Capitaneria di Porto e la Guardia di Finanza per il momento monitorano il fenomeno. Negli ultimi mesi, però, il fenomeno viene segnalato in forte crescita. E decine di segnalazioni di pesca abusiva sono state già effettuate tra San Cataldo, Frigole, Torre Chianca e Casalabate. Al momento non sono state elevate sanzioni ma l’attenzione degli investigatori rimane molto alta.
Il fenomeno è stato segnalato in forte crescita negli ultimi mesi, in particolare da gennaio. Da allora decine di pescatori salentini hanno deciso di puntare un mercato finora poco esplorato e che ha come destinazione finale la Cina. Un business per cifre da capogiro nonostante dal 2009, la specie marina sia considerata protetta da un Regolamento della Comunità Europea. I pescatori, però, si immergono comunque in acqua con le bombole facendo razzìa dei cetrioli marini che si possono trovare ad una profondità anche di cinque-sei metri nascosti sotto la sabbia. Una volta ritornati a riva i pescatori provvedono a tagliare le “pizze marine”, eliminano le interiora e caricano i pesci su tinelli di plastica. Destinazione: il porto di Brindisi.
L’intera filiera sarebbe gestito da cittadini cinesi che hanno imbastito un vorticoso giro di affari. Basti pensare che una volta lavorati i cetrioli marini hanno un costo finale che può arrivare fino ai 450 euro al chilo. Dai primi accertamenti i carichi finiscono in Estremo Oriente a bordo di container che partono dal porto di Brindisi. In Cina, infatti, le “pizze marine” sono considerate una prelibatezza e verrebbero utilizzate persino nella composizione di medicinali a scapito, però, dell’ecosistema del mare salentino.
F.Oli.