NARDO’ (Lecce) – Assolto con formula piena, perché “il fatto non sussiste”. Si è concluso così il processo in Appello a carico del sacerdote neretino Don Quintino De Lorenzis, accusato di avere abusato di un giovane migrante di origini marocchine.
La sentenza è stata emessa nelle scorse ore dal giudice Vincenzo Scardia. Il vice procuratore generale Giampiero Nascimbeni aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato sulla scorta di una corposa memoria difensiva (di 16 pagine) prodotta dall’avvocato difensore Giuseppe Bonsegna.
Ripercorriamo i fatti. Il prete, oggi 41enne, originario di Alliste ed ex parroco della chiesa di San Gerardo Majella, era stato condannato nel gennaio di due anni fa a tre anni e mezzo di reclusione per presunte molestie e violenze su un giovane straniero. La denuncia della vittima mise poi in moto le indagini condotte dal pubblico ministero Stefania Mininni.
La presunta vittima (assistita dall’avvocato Salvatore Centonze e già risarcita dopo la sentenza di primo grado) denunciò di aver subito gli abusi nella sacrestia nell’ottobre del 2010. Ai rappresentati della Chiesa, il giovane si era rivolto appena giunto nel Salento da clandestino. In quel periodo, il giovane straniero (in attesa del permesso di soggiorno) risiedeva a Nardò, paese della fidanzata, e si trovava in grosse difficoltà economiche e decise così di rivolgersi alla Chiesa. Nella canonica, però, il prete avrebbe indossato i panni del molestatore. De Lorenzis avrebbe avvicinato il giovane mentre il 29enne si spogliava e avrebbe incominciato a toccarlo. Subito dopo la chiusura delle indagini, l’allora gup Nicola Lariccia dispose il rinvio a giudizio del parroco.
Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, poi, furono ascoltati diversi testimoni. Agli atti del processo, inoltre, furono allegate alcune registrazioni di telefonate grazie ad una consulenza effettuata dall’ingegnere informatico Luigina Quarta intercorse tra il giovane marocchino e il sacerdote in cui il prelato chiedeva al 29enne informazioni sulle sue abitudini sessuali e a raggiungerlo in canonica a tarda ora. E proprio la consulenza del perito è stato terreno di scontro della difesa. L’avvocato Bonsegna ha confutato gli esiti evidenziando che se si può parlare di toccamenti o palpeggiamenti si dovevano ritenere assolutamente consenzienti. Inoltre incongruenze sarebbero emerse anche sugli orari e sui giorni della presunta violenza.
Nel processo è stata trascinata come responsabile civile la Curia (rappresentata dall’avvocato Marcello Marcuccio) per le attività svolte dal prete e condannata in primo grado a risarcire la vittima con 20mila euro da corrispondere in solido con il sacerdote. Nelle scorse ore, poi, il colpo di scena: Don Quintino è innocente.
F.Oli.