LECCE – Alcune pene annullate con o senza rinvio, una condanna riformata. Per il resto sentenze confermate in blocco. La Cassazione appone il sigillo finale sull’inchiesta scaturita dal processo “Cinemastore” che, nel gennaio del 2012, consentì di smantellare un presunto sodalizio che avevo messo le mani su capoluogo salentino. I giudici hanno ridotto a 9 anni ed 4 mesi la condanna di Stefano Ciurlia, 45 anni, di Carmiano, (a fronte dei 9 e 8) mentre è stato rigettato l’accoglimento del ricorso così come aveva invece chiesto il procuratore generale per Teodoro De Nuccio, relativamente alla lieve entità. Il 58enne di Alessano è stato così condannato a 6 anni e 4 mesi. Erano entrmbi difesi dall’avvocato David Alemanno. E’ stata annullata con rinvio la sentenza per il boss Giuseppe Nisi, 63, di Lecce, (condannato in Appello a 12 anni e 5 mesi) relativamente all’aggravante della recidiva così come per Cosimo Perrone, 32, di Torchiarolo, (assistiti dall’avvocato Ladislao Massari).
Per il resto le altre pene sono state confermate: 2 anni e 10 mesi a Michele Amato, di Taurisano; 5 anni e 4 mesi a Giuseppe Antonio Bleve, di Ugento; 5 anni e 8 mesi a Sergio Caroppo, 49, di Lecce; 9 anni e 8 mesi a Stefano Ciurlia, 46, di Carmiano; 5 anni e 4 mesi a Domenico D’Agnano, 47, di San Pietro Vernotico; 8 mesi a Gianluca De Blasi, di Novoli; 5 anni, 2 mesi e 20 giorni a Danilo De Tommasi, 26 anni, di Lecce; 4 anni e 10 mesi a Stefano Elia, 40, di Torchiarolo; 5 anni e 10 mesi ad Alessandro Manni, 43, di Taurisano; 4 anni e 9 mesi a Mauro Personé, 34, di Lecce; 5 anni e 11 mesi a Raffaele Renna, 36 anni, di San Pietro Vernotico; 1 anno e 4 mesi a Simona Sallustio, 46 anni, di Cavallino, moglie del boss di Surbo Salvatore Caramuscio; 4 anni e 8 mesi a Omar Sanapo, di Lecce; 9 anni a Gianni Solombrino, 53, di Lecce; 8 mesi a Emanuele Spalluto, di Novoli; 2 anni e 8 mesi per Daniele Antonio Urso, di Taurisano; 5 anni e 10 mesi ad Alessandro Manni, 43, di Taurisano; 2 anni a Maurizio Pasquale Briganti, di Lecce; 5 anni a Marco Calò e Sebastiano De Angelis; 8 anni a Gianni Dolce, 36 anni, di Surbo; 7 anni a Fernando Elia, 40, di Lecce; 6 anni e 2 mesi a Sandro Fuso, 39, di Lecce; 4 anni e 5 mesi a Carmelo Merlo, 47 anni, di Lecce; 9 anni e 7 mesi a Emanuele Milinanni, 37 di Lecce.
Il nome dell’operazione fu coniato dalla videoteca colpita il 19 aprile del 2009 dall’esplosione di un ordigno nel corso della campagna di fuoco contro l’ex sicario della Scu ed ex collaboratore di giustizia Giampaolo Monaco. L’indagine, condotta dagli agenti della Squadra mobile e coordinata dal pubblico ministero Guglielmo Cataldi, è durata circa tre anni. Gli investigatori avevano inviato un’indagine per identificare gli autori dell’omicidio di Antonio Giannone, avvenuto la sera del 6 aprile 2009 nella zona della 167.
Le intercettazioni di colloqui in carcere avrebbero consentito di risalire a Giuseppe Nisi come mandante dell’attentato ai danni della videoteca di via Mincio.
Briganti avrebbe ricperto il ruolo di responsabile dell’organizzazione mafiosa. Avrebbe risolto alcune controversie garantendo il rispetto del sodalizio. Sulla vittà di Lecce, invece, a tirare le redini dell’organizzazione sarebbero stati i fratelli Nisi che avrebbero gestito l’attività di spaccio la gestione del gioco d’azzardo, le estorsioni e la riscossione del cosiddetto “punto”, una sorta di tangente sul commercio della droga. L’organizzazione criminale si sarebbe avvalsa della collaborazione di elementi di spicco della criminalità organizzata brindisina. Il collegio difensivo era completato dagli avvocati Francesco Maggiore, Giovanni e Gabriele Valentini, Donata Perrone, Antonio Savoia, Giuseppe De Luca, Giancarlo Dei Lazzaretti, Mario Ciardo, Luigi e Roberto Rella, Paolo Cantelmo, Vincenzo Del Prete e Silvio Caroli.
F.Oli.