VEGLIE (Lecce) – Ribaltone in Appello per il processo sulla presunta lottizzazione del sansificio di Veglie. I giudici (Presidente Vincenzo Scardia) hanno riformato la sentenza di primo grado accogliendo così la tesi sostenuta dal sostituto procuratore generale Ennio Cillo. La Corte ha condannato ad 1 anno e 2 mesi (pena sospesa) Luigi Panarese, il legale rappresentante della “Oil Salento”, l’azienda che ha presentato il progetto per la realizzazione dello stabilimento e Antonio Anglano, funzionario del Comune di Veglie. Inoltre, aspetto forse che maggiormente interessa la collettività, i giudici hanno anche disposto la confisca dello stabilimento (per un valore di diversi milioni di euro) che, ora, dovrebbe ritornare nelle mani dell’amministrazione comunale.
La Corte d’Appello ha così aderito a quell’orientamento maggioritario della giurisprudenza della Cassazione che ritiene che anche nel caso di pronuncia di prescrizione per il reato di lottizzazione abusiva qualora ci sia stato un accertamento alla base (una sentenza del Tribunale amministrativo o gli esiti dell’istruttoria dibattimentale) si possa comunque procedere con la confisca. La Corte d’appello ha così emesso una sentenza innovativa (la prima in Italia) destinata a fare giurisprudenza. Il verdetto è stato accolto con enorme soddisfazione dagli avvocati di parte civile, tra cui Emanuela Pispico (per il Comitato Ambiente Sano che ha dato l’input alle indagini) e Luigi Massimiliano Aquaro (per Legambiente). I legali hanno sostenuto anche nel secondo grado di giudizio che un impianto di quelle dimensioni poteva avere un grave impatto ambientale sul territorio non solo di Veglie ma anche delle altre realtà territoriali limitrofe.
L’inchiesta penale venne avviata con un esposto presentato nel 2008 dall’allora presidente del “Comitato Ambiente Sano”. L’ipotesi di falso veniva contestata ad entrambi gli imputati perchè sarebbe stata compilata una relazione istruttoria contenente false affermazioni. In particolare, sarebbe stato specificato come l’intervento proposto fosse compatibile con la destinazione di zona trattandosi di una ristrutturazione di un edificio industriale destinato a pomoridificio. E l’attività di estrazione dell’olio di sansa rientrava tra le attività agricole.
Secondo l’accusa, invece, l’impianto si doveva ritenere uno stabilimento industriale a tutti gli effetti perchè lavorava un sottoprodotto che non può ritenersi in linea con la vocazione tipica del “Parco del Negroamaro”. Secondo la tesi della Procura, il progetto del mega sansificio sarebbe stato realizzato in barba alle normative urbanistiche vigenti su quella zona. Il progetto, nel 2008, prevedeva l’entrata in funzione dello stabilimento in un territorio che ricade nel parco del Negroamaro in un’area ad esclusiva vocazione agricola. Tra le parti civili, infatti, compaiono anche l’associazione “Salute Pubblica” con l’avvocato Andrea Casamassima che ha sede a Brindisi, l’associazione “Ambiente è Vita”, con Roberta Castrignanò nonché l’associazione “Italia Nostra” con Carlo Barone. Gli imputati erano assistiti dagli avvocati Luigi Rella e Giovanni Erroi.
Francesco Oliva