LECCE – Potremmo definirlo un miracolo renziano: il premier è riuscito a unire attivisti del Movimento Cinque Stelle, centrodestra, dirigenti del Pd, autorevoli costituzionalisti, partigiani, gente di estrema destra e sinistra e tanto altro, tutti attorno a un tavolo per dire no alla riforma pastrocchio. Gente con idee agli antipodi che combatte per una stessa causa. Tanto che Renzi, fiutato il pericolo, ora si affanna a promettere di cambiare l’Italicum prima di dicembre, oltre a varie promesse su quattordicesime e altro. A Tuglie per spiegare il no al referendum entrando nel merito, c’erano i giovani di Vox Nova, guidati da Luca Guido, organizzatori dell’incontro all’interno dell’interessantissimo Museo della radio, il portavoce pentastellato, Maurizio Buccarella, il senatore CoR Francesco Bruni, il sindaco Massimo Stamerra, il presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone, e il professore di diritto Costituzionale dell’Unisalento, Vincenzo Tondi Della Mura.
Il costituzionalista ha spiegato che si tratta di una “riforma pericolosa e ciarlona”. Perfino chi l’ha ideata ora la rinnega: Giorgio Napolitano. “Qui siamo passati dalla rivoluzione promessa (diritti sociali e lavoro) a quella annunciata” – spiega il professore, che poi affonda la modifica dell’articolo 39, “vergognoso sulle Regioni”. In effetti, con la riforma, dopo 15 anni di retorica autonomista, si torna al centralismo. Le regioni vengono demolite, soprattutto quelle virtuose, ma quelle a statuto speciale si salvano: non per sempre, perché in futuro è prevista una revisione degli statuti speciali con le intese (la riforma non è chiara su questo punto e non dà altre informazioni). Il risultato è che, per ora, l’autonomia resta per le regioni a statuto speciale e viene tolta ai “figli di un dio minore, che subiranno un centralismo devastante, fatto di tagli centrali”. Le Regioni a statuto speciale come la spendacciona Sicilia, invece, continueranno a spassarsela: guarda caso, si tratta proprio della terra di Angelino Alfano (una barca di voti che non si potevano perdere).
Dando un’occhiata a tutto l’impianto, nonostante lo specchio delle allodole della diminuzione dei senatori, dell’abolizione del CNEL e del “finto superamento del bicameralismo perfetto”, siamo di fronte a un mostro giuridico che rischia di rendere ancora più complicato l’iter legislativo, come fa notare il moderatore, Gaetano Gorgoni, direttore del Corrieresalentino.it. Il Senato decide insieme alla Camera su molte importanti leggi e per tutte le altre, dove rilascia solo pareri, si crea un sistema ancora più complicato e farraginoso, con un articolo poco chiaro (70) di 438 parole, che ne sostituisce uno molto chiaro di sole otto parole. Maurizio Buccarella (M5S) è preoccupato dall’istaurazione di un “premierato assoluto”, che avrà sotto mano un Parlamento di nominati, “un Senato di gente non eletta per svolgere quella funzione, dopolavoristi costretti a fare due lavori per accaparrarsi l’immunità parlamentare, che li salverà dalle patrie galere”. Il senatore Francesco Bruni ricorda la coerenza dei CoR, che hanno detto no da subito a una riforma che sfascia le garanzie costituzionali per garantire al governo di piazzare i suoi uomini perfino al CSM. Ora Matteo Renzi flirta con la destra: elogia Perrone e promette di fare il Ponte sullo Stretto. “È solo per non far capire che il suo governo non ha pensato al meridione d’Italia: parla di alta velocità fino a Lecce – spiega Gabellone – Ma con la sua riforma il Mezzogiorno scomparirà ancora di più”.
Le ragioni del no vengono sciorinate nel merito, dribblando gli spot televisivi al sì, che sulle reti nazionali imperano. Il risparmio con questa riforma è relativo: bisognerà guardare la nota spese dei sindaci e consiglieri regionali che andranno a farsi il weekend di vacanze romane. I soldi potevano essere recuperati tagliando gli stipendi a parlamentari e consiglieri regionali, operazione già fatta dal Movimento 5 Stelle, oppure eliminando rimborsi elettorali a gruppi e partiti. Si poteva semplicemente eliminare il Senato, senza impantanarsi in un mostro giuridico. Per molti autorevoli costituzionalisti, tra l’altro, il Senato è importante nella sua attuale funzione, perché svolge un ruolo diverso dalla Camera, cioè di controllo. Il disegno di Renzi era quello di avere mani libere per “cambiare il Paese”: il problema è che con queste modifiche l’Italia rischia di cambiare in peggio, soprattutto se l’Italicum, con i suoi nominati dalle segreterie di partito, non verrà modificato.
Leonardo Bianchi