LIZZANELLO (Lecce) – Emerge un quadro ancor più desolante nella triste vicenda sull’accoltellamento di Severino Longo sgozzato dal figlio e ridotto in fin di vita domenica mattina nell’abitazione di famiglia a Lizzanello. Nel corso dell’udienza di convalida il figlio Antonio ha raccontato una storia di violenze e soprusi da parte del padre andati avanti per anni. L’uomo, detenuto nel reparto di psichiatria del carcere di Borgo “San Nicola” con l’accusa di tentato omicidio aggravato, è stato interrogatodal gip Giovanni Gallo. Assistito dall’avvocato Amedeo Martina, Longo ha raccontato che il padre avrebbe instaurato da anni un clima di terrore in casa. Picchiava tutti; nessuno poteva parlare e il padrone era solo e soltanto lui.
E poi il 48enne ha riferito di episodi di violenza estrema. Maltrattamenti a colpi di cinghia, calci e pugni. Un trattamento, a dire dell’arrestato, che non avrebbe risparmiato nessun componente della famiglia. La ricostruzione risulterebbe compatibile con la patologia psico affettiva di cui soffre l’uomo. Longo si è soffermato anche su quanto accaduto domenica mattina al civico 3 di via Paganini. Ha parlato di un litigio piuttosto acceso avvenuto la sera precedente andato avanti anche domenica. Il padre lo avrebbe intimorito riferendo che, per lui, avrebbe potuto anche morire di fame perché si doveva considerare un ospite. Longo è stato così colto da un travaso di bile che gli ha offuscato la ragione.
Ha raccontato di aver sferrato un pugno all’anziano padre poi finito su un termosifone. Subito dopo ha recuperato da terra il coltello da cucina che il padre aveva in mano affondando la lama all’altezza della gola ferendo più volte l’anziano padre. In giornata, poi, è iniziata anche la perizia psichiatrica tramite incidente probatorio. Lo psichiatra Domenico Suma dovrà accertare nei prossimi cinque giorni la capacità di intendere e di volere dell’uomo. Quando è stato arrestato, invece, Antonio è stato trovato freddo, glaciale, lucido nella sua follia. Attendeva l’arrivo dei carabinieri seduto nella veranda della sua abitazione.
È stato lui stesso a dare l’allarme, allertando militari e 118. Il rapporto fra i due, fra padre e figlio, era conflittuale. Non sono mai andati d’accordo. E non riuscivano a trovare un punto di equilibrio. Dissidi e attriti. Una situazione, seguita dai servizi sociali, aggravata anche dalle condizioni di salute della mamma, della figlia e dello stesso Antonio. Il padre è ancora ricoverato al “Vito Fazzi”. Le sue condizioni sono costantemente sotto osservazione.
F.Oli.