SCORRANO (Lecce) – La Procura chiede l’assoluzione per gli otto imputati finiti alla sbarra per la morte della 31enne Roberta Filippo deceduta a causa di un melanoma scambiato per un neo intradermico il 6 marzo del 2011. Il sostituto procuratore Donatina Buffelli ha chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove per conto della dermatologa e dell’anatomo-patologo di un Centro specializzato di Lecce; assoluzione, con formula piena, invece per i cinque medici in servizio presso l’ospedale di Scorrano e uno specialista in reumatologia all’epoca in servizio presso il nosocomio di Maglie.
Il pubblico ministero ha motivato la propria richiesta sulla base degli esiti della perizia (eseguita con incidente probatorio) che ha escluso responsabilità a carico dei medici. L’odissea della giovane, originaria di Scorrano, con alle spalle una laurea in Ingegneria, così come denunciato, inizia nel giugno del 2010. La Filippo ha un nevo sulla spalla destra che le dà fastidio perché visibile. Si reca da una dermatologa per farlo asportare e, subito dopo l’intervento, il materiale estratto viene esaminato in un centro medico specializzato del capoluogo. I risultati sarebbero rassicuranti così come gli esami effettuati con il successivo ricovero presso l’ospedale di Scorrano e la donna viene dimessa con una diagnosi per “sospetta polimialgia reumatica”. “I sanitari” – annotava il gip nella propria ordinanza – “non hanno proceduto ad approfondire scrupolosamente la patologia che interessava la vittima, limitando il numero e la scelta degli esami da effettuare”.
A distanza di un anno, infatti, la Filippo incomincia ad accusare sintomi poco rassicuranti. Ricoverata presso l’Ospedale “Riuniti” di Ancona, alla Filippo viene accertata la presenza di un nevo ricresciuto nel punto già operato e le viene diagnosticata una gravissima forma tumorale. Un check up confermato con il successivo ricovero presso il “San Raffaele” di Milano nel febbraio del 2011 Il frammento di nevo intradermico, asportato nel giugno dell’anno prima, analizzato in laboratorio, fornisce risultati opposti a quanto accertato nel Centro specialistico leccese. La diagnosi è impietosa e il 6 marzo di cinque anni fa sopraggiunge il decesso della Filippo “per un melanoma con metastasi polmonare e ossea”.
Su questo presunto caso di malasanità la Procura aveva avanzato richiesta di archiviazione. L’opposizione degli avvocati della famiglia si è rivelata fondamentale perché il gip Giovanni Gallo disponesse l’imputazione coatta dei medici. A detta del giudice, “se il melanoma fosse stato diagnosticato in tempo, si sarebbero offerte più chances di sopravvivenza o, quanto meno, di cura”. Una tes che il pm, in sede di discussione, ha ritenuto di non condividere. Il processo (che si sta celebrando con rito abbreviato) è stato aggiornato al 17 novembre quando inizieranno le arringhe degli avvocati difensori Luigi e Roberto Rella, Luigi Covella, Silvia Mauro, Viola Messa e Maria Petrachi. Con la scelta del rito alternativo come unica parte civile compare solo il padre della Filippo assistito dagli avvocati Stefano Chiriatti e Giovanni Bellisario.
F.Oli.