LECCE – Ha confermato tutte le accuse davanti agli inquirenti ribadendo di essere stata violentata più volte da un amico di famiglia. Si è svolto nelle scorse ore l’incidente probatorio di una ragazzina di soli 13 anni, originaria di un comune del nord Salento, affetta da un lieve deficit psichico. L’ascolto della giovane è andato avanti per circa due ore presso la sala protetta della Procura dei Minori. Con le tutele previste dal codice, la persona offesa (attualmente residente all’estero) ha ribadito le pesanti accuse ipotizzate nei confronti di un operaio sposato e con figli davanti al gip Cinzia Vergine e al sostituto procuratore Stefania Mininni. Non è escluso, alla luce degli esiti dell’incidente probatorio, che la Procura possa chiedere una misura cautelare per l’indagato. Sullo sfondo di questa storia di presunte violenze e abusi, poi, aleggia lo spettro ancor più inquietante di silenzi e complicità di altre cinque persone (iscritte nel registro degli indagati) che avrebbero mantenuto la consegna del silenzio senza denunciare gli episodi.
L’indagine è stata avviata nei mesi scorsi quando i carabinieri della locale stazione hanno eseguito una perquisizione in casa del presunto orco. Gli input investigativi sono scattati con una serie di comportamenti strani della ragazza. La minorenne è stata notata più volte in compagnia di quell’uomo. In macchina molto spesso. All’entrata di bar e pizzerie in altre. E poi quel look da ragazza molto più grande. Sempre curata e ben vestita. I sospetti sono arrivati anche dalla scuola. L’atteggiamento della minorenne con i maschietti non sono passati inosservati alla dirigente scolastica che aveva così allertato i servizi sociali.
E’ emerso così come il rapporto fra la minore e l’amico di famiglia fosse molto solido. Durante le festività pasquali l’uomo avrebbe raggiunto casa della giovane. Anche la stessa ragazzina non ha fatto esplicito riferimento a rapporti sessuali nel corso di un primo ascolto alla presenza della psicologa Annalisa Bello, alla dirigente scolastica e all’insegnante di sostegno. Con qualche titubanza, la minore ha parlato di attenzioni morbose e di forme di gelosia dello “zio” non appena il presunto molestatore veniva a sapere che frequentava suoi coetanei. Una tesi suffragata dai messaggi conservati nella memoria del cellulare e su WhatsApp. Con il prosieguo delle indagini sono emerse responsabilità a carico di altre persone che, nonostante fossero al corrente dei presunti abusi, non avrebbero denunciato alcun episodio. L’indagato principale è difeso dall’avvocato Carlo Madaro.
F.Oli.