ROMA – Dell’assemblea romana di Parco dei Principi restano scolpiti tre momenti cruciali: Renzi che va avanti per la sua strada e dice che non si piega ai ricatti, Teresa Bellanova che lo difende e si prende gli applausi e Michele Emiliano che prova a fare da pontiere senza risultato. A fine riunione lo spettro della scissione regna sovrano. Speranza, Rossi e il governatore della Puglia addebitano la rottura all’ex premier. Martedì ci sarà la direzione: si viaggia spediti verso il congresso. Anche in Puglia c’è grande fermento: a Roma, in una domenica piena di tensione, erano presenti tutti i vertici territoriali. È un momento drammatico per il Pd. Emiliano ha offerto il suo passo indietro per far desistere Renzi: quello che l’ex magistrato chiede è solo un congresso vero, dopo le elezioni, con una conferenza programmatica.
“La possibilità di rimanere insieme ce l’abbiamo in mano – ha spiegato il governatore nel suo intervento – Sto provando nel limite delle mie possibilità di fare un passo indietro, ditemi voi quale, che possa consentire a tutti di avere l’orgoglio di fare parte di questo partito. Ho fiducia nel segretario in carica. Ho fiducia nella sua capacità di guidare questo Partito, nessun può permettersi di dire che non ti puoi ricandidare al Congresso. Oggi siamo ad un passo dal trovare tempi giusti che consentano ai candidati alternativi al segretario uscente di sentirsi dentro la possibilità di portare avanti una sfida dignitosa. Capisco bene che ci sono elezioni amministrative. Dovremmo accelerare la procedura congressuale, ma disinneschiamo questo casus belli. Ragioniamo sulla conferenza programmatica”.
“Consegno al segretario, con la massima determinazione, la possibilità vera e reale di togliere ogni alibi al processo di scissione. Il problema è solo di metodo. Troviamo una strada condivisibile per tutti. Abbiamo un patrimonio che come dice Orlando ci potrebbe consentire in poche settimane di convocare l’Italia intera su una piattaforma programmatica assieme alla campagna elettorale per le prossime amministrative. Noi avevamo avuto l’impressione che il Pd volesse saltare questi passaggi e saltare alle elezioni ma il segretario mi ha detto che non era mai stata sua intenzione andare a votare e io gli credo”.
Gli sforzi di Michele Emiliano cadono nel vuoto. Renzi va avanti, come aveva deciso. Si fa il congresso subito. Teresa Bellanova, dopo aver perso gli amici di sempre, si fa rivedere sul palco, ancora una volta per difendere il capo (e perfino l’indifendibile Jobs Act nelle interviste ai giornali): dice che lei si occupa delle persone, che risolve vertenze. Scattano gli applausi: l’ex premier l’abbraccia. Gli ex amici la ripudiano. Con il “noi dalla parte degli ultimi”, l’ex bracciante oggi viceministra conquista l’assemblea.
Renzi ha la maggioranza, ma durerà per molto? Nel congresso si andrà a contarlo con i numeri il consenso, a meno che la scissione non lo renda superfluo. “Mettiamoci in marcia”- incoraggia Bellanova, chiedendo di risolvere i problemi col dialogo nel congresso e non con le spaccature. I renziani, però, viaggiano sempre più soli al comando. Le minoranze si stanno allontanando: chiedono un congresso vero, non un blitz. Renzi è inarrestabile: si è già messo in marcia, dopo aver abbracciato la sua fidata Teresa, l’ex bracciante che ora piace anche agli amici di Marchionne.
Garcin