LECCE – Il Festival Europeo del Cinema, giunto alla sua 18esima edizione si apre con un omaggio straordinario alla memoria di Totò, emblematica icona del nostro cinema, per il 50esimo anniversario della sua morte. In anteprima mondiale, alla presenza straordinaria di Carlo Croccolo e della nipote di Totò Elena Alessandra Anticoli De Curtis, verrà proiettato il film di Chi si ferma è perduto di Sergio Corbucci. La pellicola è stata completamente ristrutturata con il contributo del Festival, a cura della cineteca di Bologna e Titanus, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.
Totò, nacque A Napoli il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità da una relazione segreta tra Anna Clemente ed il marchese Giuseppe De Curtis che solo molti anni dopo nel 1921 sposò sua madre e lo riconobbe quale figlio legittimo. Nel 1933 Antonio fu adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi che gli trasmise i suoi titoli nobiliari di cui nel 1946, il tribunale di Napoli gli dette il diritto di fregiarsi. Di indole malinconica e solitaria Totò così come la soprannominava sua madre, crebbe in gravi disagi economici ma con la grande passione per la recitazione. Pur non eccellendo negli studi, aveva il talento di far ridere i suoi compagni e non solo, infatti recitava brillantemente davanti ad essi. Da bambino veniva definito “o spione” perché osservava di nascosto i movimenti e i comportamenti della gente, traendone spunto per i personaggi che poi interpreterà nella sua carriera. Giovanissimo cominciò a frequentare i piccoli teatri di periferia dove si esibiva in macchiette, imitazioni del repertorio del napoletano Gustavo De Marco. Si arruolò volontario nel Regio Esercito ma la sua esperienza sotto le armi non fu positiva, infatti dopo aver subito i soprusi e torti da parte di un superiore, nacque il suo celeberrimo motto siamo uomini o caporali? Frase molto significativa per definire gli uomini veri, intesi come coloro che debbono sempre lavorare senza avere mai soddisfazioni e caporali coloro che pur non avendo un grande potere, lo esercitano umiliando e vessando il prossimo. Subito dopo il servizio militare, si affacciò alla commedia dell’arte con il personaggio antagonista di Pulcinella, riscuotendo grande successo ma pochissimi guadagni. Significativo e fondamentale per la sua carriera fu l’incontro con l’impresario teatrale, Giuseppe Jovinelli che credette nel suo grande talento comico. Negli anni venti costruì il suo personaggio, la macchietta snodata dalla mimica facciale inconfondibile, la bombetta in testa, il tight troppo largo, la camicia consumata, i pantaloni a zompafosso, le calze colorate, le scarpe basse e nere, maschera che lo accompagnerà per sempre nella sua lunga e intensa carriera. Successivamente egli si affermò nello spettacolo di varietà esibendosi nei caffè concerto in tutta Italia. Nel 1929 fu scritturato al Teatro Nuovo di Napoli, come vedette negli spettacoli teatrali “Miseria e nobiltà”, “Messalina”, “I tre moschettieri”, accanto a Titina De Filippo. Nello spettacolo Messalina Totò con le sue smorfie e sberleffi, improvvisò una scenetta arrampicandosi sul sipario mandando il pubblico in visibilio. Negli anni trenta ebbe grandi successi e nonostante i guadagni modesti era soddisfatto ed affermato. Fermamente convinto che la miseria fosse il miglior copione della comicità, imparò a recitare senza copione e a improvvisare le sue battute diventando uno dei massimi protagonisti dell’avanspettacolo. Tramontato l’avanspettacolo, negli anni quaranta recitò accanto ad Anna Magnani in un nuovo genere teatrale di stampo satirico la rivista, in spettacoli quali: “Quando meno te lo aspetti”, “Che ti sei messo in testa”, “Volumineide”, “Con un palmo di naso”. Erano gli anni della guerra, anche per il teatro erano tempi difficili, nel maggio del 1944 Totò mentre recitava a Roma, nella rivista satirica “Ma che ti sei messo in testa?” con chiara allusione all’occupazione tedesca, rischiò l’arresto e dovette segregarsi in casa fino alla liberazione della città. Il debutto cinematografico avvenne nel 1937 con “Fermo con le mani”, di Gero Zambuto, ispirato a Charlot che non ebbe il riscontro sperato. Nel 1939 uscì il film “San Giovanni decollato” di Cesare Zavattini, successo della critica. Alla fine degli anni quaranta interpretò le parodie “Fifa e arena”, “Totò al giro d’Italia” e a teatro recitò nella la rivista “C’era una volta il mondo” di Galdieri che fu un vero trionfo con il famoso sketch del vagone letto accanto a Mario Castellani, sua fedele spalla teatrale e cinematografica ed Isa Barzizza.
Tra il 1949 e il 1950 girò svariate pellicole tra cui “Napoli milionaria” con Eduardo De Filippo, “Totò Le Mokò”, “Totò cerca moglie”,” 47 morto che parla” di Bragaglia, “Totò cerca casa” di Steno e Monicelli, “L’imperatore di Capri” di Comencini, “Totò e i re di Roma” di Steno e Monicelli, con Alberto Sordi, “Guardie e ladri” di Steno e Monicelli, accanto ad Aldo Fabrizi e per cui nel 1952 vinse il Nastro d’argento. Seguirono ancora “Totò a colori” di Steno, in cui venne riproposta la celeberrima scena del vagone letto e la trilogia di Scarpetta, “Un turco napoletano”, “Miseria e nobiltà”, “Il medico dei pazzi”. Il 1956 fu contrassegnato dall’enorme successo di “Totò Peppino e la malafemmina”, con la famosissima scena della lettera, “Totò Peppino e i fuori legge” accanto a Peppino De Filippo e Tina Pica, entrambi di Mastrocinque. Nello stesso anno portò in scena per tutta la stagione teatrale la rivista “A prescindere”, titolo nato da un suo modo di dire. Quella fu l’ultima rivista in cui recitò, per l’improvviso aggravarsi della malattia agli occhi fu costretto ad abbandonare il palcoscenico. Nel 1958 uscì “I soliti Ignoti” di Monicelli che lo vide accanto a Mastroianni e Vittorio Gassmann. Nello stesso periodo gli fu conferito Il Microfono d’argento e una Targa d’oro dall’ ANICA, omaggio alla carriera artistica e al contributo per il cinema italiano. Tra i tanti film degli anni sessanta ricordiamo “Letto a tre piazze” e “Totò truffa” con la famosa scena della vendita della Fontana di Trevi, entrambi di
Mastrocinque, “Chi si ferma è perduto” con Peppino De Filippo e “I due marescialli” con Vittorio De Sica di Corbucci, “I due colonnelli” con Nino Taranto, di Steno, “Risate di gioia” di Monicelli con Anna Magnani.
I Tra i suoi ultimi lavori ci fu nel 1965 “La Mandragola” di Lattuada e nel 1966 “Uccellacci e uccellini” di Pasolini che lo scelse per la sua maschera che riuniva l’assurdità, il clownesco, l’immensamente umano. Per questo film ricevette il secondo nastro d’argento e una menzione speciale al Festival di Cannes. L’ultimo film a cui prese parte fu “Capriccio all’italiana” recitando in due episodi “Che cosa sono le nuvole”, di Pasolini e “Il mostro della Domenica di Steno.
Totò personaggio carismatico, indimenticabile per il suo modo di pensare di vedere le cose e la vita, era un uomo misterioso, solitario, misantropo ma pur non avendo grande stima degli uomini a cui preferiva i cani ritenuti veri signori, apprezzava, adorava e aveva una vera passione per il genere femminile.
Si accompagnò sempre a donne bellissime, ma la sua vita sentimentale fu abbastanza tormentata anche per il suo temperamento geloso. Nel 1929 conobbe Liliana Castagnola cantante sciantosa, donna fatale, con cui ebbe una breve, intensa e tormentata storia d’amore. La ragazza tuttavia nutriva sentimenti sinceri che Totò non comprese a fondo rifiutando di avere con lei una relazione stabile. Liliana in preda alla disperazione si suicidò lasciandogli una lettera in cui dichiarava ancora una volta il suo amore per lui. Per Totò fu un duro colpo, che lo segnò per tutta la vita. Fece seppellire Liliana nella tomba di famiglia e promise a se stesso che qualora avesse avuto una figlia l’avrebbe chiamata Liliana. Nel 1931 in tournée a Firenze conobbe la giovanissima Diana Rogliani con cui ebbe la figlia Liliana, nel 1935 si sposarono ma il loro matrimonio duro solo quattro anni. Divorziarono in Ungheria e successivamente in Italia ci fu l’annullamento del matrimonio. Per il bene della bambina decisero comunque di vivere sotto lo stesso tetto insieme con i genitori di lui, fino al 1950 quando Diana decise di risposarsi. Nel 1952 conobbe e si innamorò della bella e giovane Franca Faldini che gli rimase accanto fino alla fine. Dal loro amore nacque il piccolo Massenzio che morì poche ore dopo la nascita. Non si sposarono e per la loro relazione, considerata per la morale del tempo scandalosa, furono vessati dalla stampa.
In una bellissima intervista di Oriana Fallaci Totò dichiarò apertamente quanto fosse un uomo superstizioso, (infatti non lavorava mai nei giorni 13 e 17, né di martedì, né di venerdì), quanto amasse la sua casa tanto da considerarla quasi una persona, infatti rientrando nella sua dimora salutava dicendo ”buona sera casa”. Egli stesso ammetteva la difficoltà di vivergli accanto. Totò andava a dormire quasi all’alba e si svegliava a mezzogiorno. Amava la notte che definiva elegante e romantica a differenza del giorno considerato volgare con i rumori del traffico e della gente. La felicità per lui era fatta di momenti di dimenticanza delle cose brutte, egli non rideva ma sorrideva e tirava a campare. Spirito contemplativo si definiva un “ragionatore” non amava la velocità, gli sarebbe tanto piaciuto viaggiare con carrozza e cavallo se non avesse corso il rischio di essere deriso. Dotato di grande autoironia, non si piaceva né fisicamente né come artista, aveva il rimpianto di non aver studiato e fatto di più, a proposito della sua innata capacità mimica diceva che gli veniva da dentro senza che lui se ne accorgesse e che era la sua faccia a comandarlo. Inconsapevole della sua grandezza aveva timore di essere dimenticato, paura non della morte ma della vecchiaia, del conflitto tra sentirsi giovani nel cuore e vecchi nel fisico.
Egli convisse per gran parte della sua vita con una grave forma di cecità che non gli impedì di continuare a recitare fino alla fine. Negli ultimi tempi per il peggioramento della malattia, nelle scene girate non in presa diretta, non potendosi vedere sullo schermo, non riusciva a sincronizzare le battute con il movimento labiale e venne doppiato da Carlo Croccolo. Uomo di grande cuore e spessore morale, non ha mai chiesto compensi esorbitanti ai vari produttori e ha fatto sempre molta beneficenza. Sebbene avesse avuto un grandissimo e indiscusso successo di pubblico, tranne rare eccezioni, la critica del tempo fu molto dura con lui, dimostrando di non comprendere il suo estro artistico e la sua straordinarietà. Solo dopo la sua morte fu rivalutato dal critico Goffredo Fofi.
Il suo talento si espresse anche scrivendo poesie di cui la più famosa è “A livella” e canzoni quali l’intramontabile “Malafemmina”.
Partecipò a spettacoli televisivi storici come il “Musichiere” nel 1958 condotto da Mario Riva e “Studio Uno” accanto a Mina nel 1965.
Totò è sicuramente il comico italiano più amato e conosciuto, alcune sue battute o gag fanno parte ormai del nostro linguaggio comune. Ancora oggi i suoi film vengono costantemente riproposti dalla televisione per la loro attualità. Lo stesso Umberto Eco riconobbe la sua unicità, autenticità e importanza nella nostra cultura che in un mondo globalizzato, difficilmente può essere assimilata da coloro che non conoscono fino in fondo l’uomo, l’artista, il poeta che egli era.
In occasione del remake I soliti ignoti in cui George Clooney interpretava il personaggio che fu di Totò, l’attore americano lo avrebbe definito un grande fantasista esperto nell’arte di arrangiarsi, modello seguito da tanti attori comici quali Jim Carrey, Woody Allen e Jerry Lewis. I suoi film avrebbero potuto essere anche muti perché Totò riusciva a dare un senso alla storia con la forza della sua mimica e gestualità interpretando personaggi ingenui, astuti, e vessati dalla vita. Per questo resterà sempre imitabile ma ineguagliabile.
Totò si spense il 15 aprile del 1967 stroncato da un infarto a Roma ove abitava. La sua salma fu vegliata per due giorni da personaggi illustri del mondo dello spettacolo e non solo. Sulla sua bara fu posta la bombetta con cui aveva esordito e che lo aveva accompagnato durante la sua carriera ed un garofano rosso. Al suo funerale parteciparono migliaia di persone. Il 17 aprile il feretro giunse nella sua amata Napoli, dove una folla immensa lo attendeva già all’uscita dell’autostrada fino alla Basilica del Carmine, l’orazione funebre fu tenuta da Nino Taranto amico fraterno e compagno di lavoro in tanti film. Venne sepolto nella cappella di famiglia nel cimitero del Pianto sulle alture di Napoli. A poco più di un mese dalla sua morte, il 22 maggio, nel Rione Sanità, organizzata da un capo guappo, si svolse un’altra cerimonia funebre, ovviamente a bara vuota a cui parteciparono innumerevoli persone.
Non si può parlare di cinema, di teatro, di cultura, parafrasando il suo noto motto, “a prescindere” da Totò, che resterà un personaggio sempre vivo nei cuori della gente che ha saputo cogliere la sua genialità, la sua nobiltà d’animo, tant’ è vero che ancora oggi giungono sulla sua tomba biglietti di persone che gli chiedono un consiglio o un favore!
Francesco Stomeo