È alta in questi giorni l’attenzione nei confronti di bullismo e cyber bullismo parole entrate nel nostro vocabolario e spesso usate in modo inappropriato. Ma cosa importa? E’ sufficiente che vengano usate per essere alla moda, tant’è che, lo scorso 7 febbraio, ne è stata istituita la prima giornata nazionale. Ma, al di là di questo aspetto meramente pubblicitario, il fenomeno ha assunto dimensioni importanti, i fatti di queste ultime settimane, lo testimoniano.
Il bullismo, purtroppo, con l’avvento delle nuove tecnologie, e dei social in particolare, ha fatto troppi passi in avanti, la violenza psicologica si è ‘sdoppiata’, presentandosi con sin troppa forza anche nella virtualità. Il problema è diventato di primaria importanza e da tempo radicato tra gli studenti delle scuole. Espressione di sofferenza sociale, in una società contemporanea che sembra loro offrire come unico risultato il grigiore di una vita che non appare soddisfacente, assente di validi valori di riferimento e di strumenti per poter dare risposta ai bisogni post materialistici quali, il bisogno di senso, di affetto, di relazioni significative con i coetanei e non. Per tale motivo, spesso il disagio vissuto dagli adolescenti diventa espressione della difficoltà ad orientarsi in un mondo pieno di stimoli e di possibilità a cui non sempre si riesce ad attingere. In questo clima di disorientamento nascono le problematiche legate allo sviluppo dell’affettività e alla gestione delle relazioni, le difficoltà nello studio, i problemi nella relazione docente-studente e studente-studente. Ma, quali sono i grandi alleati dei cosiddetti bulli? L’ignoranza e la sottovalutazione sia della natura che della estensione del fenomeno (all’interno delle famiglie) e molto spesso del silenzio (delle vittime).
Nella maggior parte dei casi, il bullismo, coinvolge giovani e giovanissimi, i quali vivono manifestazioni di disagio sia tra i banchi di scuola, che fuori: in strada, negli autobus, nei locali frequentati dai ragazzi, e sul web dove i più giovani mettono in rete con leggerezza e talvolta con ingenuità scatti, frasi, offese, minacce. Ma se la vita dell’autore del fatto-reato poi va avanti, non sempre le vittime riescono ad aprirsi e a superarne il trauma. Si pensi che il fenomeno ha origini storiche remote, lontane nel tempo. La figura del “bullo” che troviamo nell’età classica diventa quella romantica del caporione nei periodi del ‘500 e ‘600. Nell’era moderna il termine ha assunto un significato negativo in stretta parentela con il “mobbing” termine adoperato per identificare un certo tipo di comportamento messo in atto nell’ambito lavorativo. Cosicché, da una parte si vede una persona che vive una grande difficoltà comunicativa, che non sa riconoscere le emozioni e reagisce con aggressività, senza riflettere sule proprie azioni. Dall’altra la vittima, portata a provare umiliazione, insicurezza, ansia e stress, che sfociano in sintomi anche fisici di grande malessere.
Intorno poi c’è il gruppo, nel quale si instaura un modello collettivo di comportamento che può arrivare all’indifferenza verso ciò che accade, per evitare di esserne coinvolti. Come contrastare, dunque, questa forma insidiosa di violenza, che va al di là di un normale scambio di violenze psicologiche, verbali o fisiche? Occorre sensibilizzare i ragazzi a prestare attenzione, usando la testa, ma soprattutto sensibilizzare i genitori. Pertanto ben venga la campagna di sensibilizzazione istituendo la giornata nazionale, perché l’arma ideale che spesso c’è dietro a questo fenomeno è romperne il silenzio, e lo si fa parlandone e condannando questi fenomeni che hanno origine, come detto prima, da una forma di disagio spesso riconducibile ad una errata canalizzazione delle proprie energie, perché ogni giorno messi di fronte a situazioni e/o scelte che mettono in difficoltà. Che si sia bulli o vittime, occorre imparare a gestire noi stessi, a combattere le nostre paure ed ansie.
Spesso mi trovo a discutere con i miei colleghi di scuola che pongono il dubbio sulla piena consapevolezza di alcuni adolescenti e talvolta anche bambini. Personalmente penso che i nostri ragazzi siano consapevoli quando compiono certi atti. Per questo motivo il bullismo va fermato a monte, in famiglia nucleo primario sia della vittima che del suo persecutore, e accompagnata poi nel suo percorso educativo dalla scuola e dai media attraverso le iniziative di informazione e prevenzione. Un atto di bullismo va affrontato senza sottovalutarlo o inquadrarlo come uno scherzo tra ragazzi. Pertanto se si notano atteggiamenti di bullismo tra ragazzi o se c’è stata una lamentela da parte di un genitore è bene organizzare una riunione del corpo docente sull’argomento con l’intento di risolvere o comunque affrontare sin da subito il problema.
In primis dunque per sconfiggere il bullismo a qualunque titolo e far crescere la società si chiede di avviare progetti e/o iniziative per studiare e prevenire gli episodi a carico degli alunni delle varie scuole in collaborazione con le famiglie e con il territorio, ricordando che il futuro è la prevenzione che passa innanzitutto dall’ascolto.
Dott.ssa Lidia Corchia – Pedagogista – Insegnante