ROMA – Domenica 30 aprile si terranno le Primarie del Partito Democratico per scegliere il nuovo segretario nazionale. Potranno votare i cittadini italiani che hanno compiuto 16 anni, i cittadini europei e non, purché dichiarino di ‘riconoscersi nella proposta politica del Pd’. Ai seggi, aperti dalle 8 alle 20, basterà presentare la carta di identità, la tessera elettorale o la registrazione online. I non iscritti al Partito Democratico dovranno versare due euro. Basterà tracciare un segno su una delle liste collegate al candidato. I candidati alla segreteria nazionale sono tre: Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano. A ogni candidato saranno abbinate più liste. Intanto, la campagna per le primarie, molto breve, va avanti tra continue stoccate di Michele Emiliano a Matteo Renzi: il Pd arriva al congresso a pezzi. Nelle scorse primarie furono 2,2 milioni i partecipanti: quest’anno le previsioni sono pessimistiche: se ne sono andati in tanti. Dalle macerie del referendum non è facile rialzarsi.
«Sono uno dei fondatori del partito democratico, se non mi fossi candidato mi avrebbero asfaltato – ribadisce Michele Emiliano dagli studi di Porta a Porta – Stavamo tentando di avere un tempo ragionevole per fare il congresso, invece si è scelto di non fare capire nulla. Rivolgersi al sud con presunti cesti pieni di denaro non ha mai dato risultati per il Mezzogiorno». Michele Emiliano vuole segnare una discontinuità rispetto all’ex premier Renzi e al ministro Orlando: dice parole di sinistra, spiega che ripristinerebbe l’articolo 18 e renderebbe più difficile le furbate di chi vuole disfarsi dei lavoratori senza giusta causa per agevolare gli imprenditori onesti. «Mi piacerebbe che, quando una persona viene illegittimamente licenziata, riavesse il suo posto di lavoro». Poi, spiega che Renzi non è il primo che ha cercato di eliminarlo dal partito: «Nel Pd ci sono entrato a forza, non mi voleva D’Alema e la nomenclatura dell’epoca». Nei circoli il governatore della Puglia non è andato bene, le forze non renziane hanno fondato Articolo 1 e hanno indebolito la sua proposta.
Il Partito Democratico è militarizzato: è saldamente nelle mani di Renzi, eppure Emiliano non molla. «Chi non lotta ha già perso», si intitola il suo libro, che presenta in questi giorni in giro per l’Italia: è la sintesi del suo carattere e di quello che vuole fare nel Pd. «Renzi ha ancora in mano i capilista: chi ha interesse a candidarsi alle politiche ha in pugno tanta gente. Se non ci fossero i capilista bloccati, cosa che abolirei subito, questa morsa nel quale il partito è trattenuto sarebbe molto facile superarla». Insomma, il quadro che dipinge Michele Emiliano è durissimo: l’ex premier avrebbe sotto controllo i dirigenti del partito che aspettano di candidarsi al Parlamento e che puntano a un posto sicuro, da nominato della segreteria, che l’attuale legge elettorale garantisce.
Per il governatore della Puglia i mille giorni dell’ex premier sono stati disastrosi, ma oggi lui è in campo per ridimensionarlo: «Se dovesse essere riconfermato, potrebbe interpretare la rinnovata fiducia come un invito al pentimento. Se dovesse proseguire il suo folle volo verso il nulla lucente, dovrò cercare di fermarlo». Emiliano si sente il più «grillino» dei democratici, ma anche europeista nel senso di un Europa unita dal punto di vista politico, con una politica estera comune. «Tanti esponenti del Movimento 5 Stelle sono degli ex elettori del Pd – spiega Emiliano – Ora è necessario farli ritornare da noi». Sulla sua posizione da magistrato che fa politica spiega che è per la soluzione che impedisca il ritorno in magistratura dopo aver fatto politica: «Basterebbe una piccola leggina che spostasse il magistrato dalla sua posizione in un altro ramo dell’amministrazione, a pari grado, una volta che finisca di fare il politico».
Sugli sms del caso Consip, che ha messo in imbarazzo l’ex premier, il governatore ha spiegato che quei messaggi erano nel suo telefonino da anni, non erano penalmente rilevanti e li ha scoperti solo quando il giornalista del Fatto Quotidiano gli ha chiesto se conoscesse «una determinata persona». Il pm Mario Palazzi ha convocato Emiliano con riferimento a messaggi ricevuti dal ministro dello Sport Luca Lotti (all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) e da Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, per sollecitare un suo incontro con l’imprenditore toscano Carlo Russo. L’ipotesi della procura di Roma è che Alfredo Romeo possa aver beneficiato del rapporto di amicizia Renzi-Russo per mettere le mani sugli appalti Consip.
Domenica 30 aprile si voterà anche al Tiziano di Lecce per scegliere il capo del Pd: c’è una lotta di potere interna anche nella provincia leccese, dove Piconese cerca di difendere la sua segreteria dai suoi detrattori di sempre (Bellanova, Blasi, Foresio e altri). Siccome le primarie sono aperte, nascono strane alleanze e polemiche contro il «voto dopato» ancor prima delle consultazioni: la settimana scorsa vi abbiamo parlato dell’appello al voto a favore di Emiliano di un sindaco di centrodestra come Pippi Mellone. Il modello Emiliano sfida il «renzismo» partendo da una posizione di inferiorità dal punto di vista numerico, ma l’obiettivo principale è solo quello di mostrare i muscoli e ridimensionare l’ex premier, per poi continuare a combatterlo dall’interno del partito.
Gaetano Gorgoni