Con la sua voce calda e profonda, toccante, che lascia il segno, Max Vigneri è uno dei più noti cantautori leccesi. E’ stato paragonato a Paolo Conte, ma lui, Max, ha un’identità artistica ed esistenziale, una visione della vita completamente diverse dal famoso cantautore nazionale. E sbaglia chi afferma che Max sta a Paolo Conte come la Pepsi alla Coca Cola. I due sono legati solo da un’affinità vocale, timbrica, che non è meditata, ma naturale. Al di là di ciò, sono due figure completamente divergenti, dove la mia preferenza cade su Max, che nei suoi concerti è riuscito sempre a coinvolgermi sia da un punto di vista emotivo sia intellettuale.
Max è un leccese verace, doc –è nato nel cuore della città, in Vico storto carità vecchia- ed ama la sua città perdutamente, forse più di se stesso, nutrendo nei confronti di questa sentimenti ovviamente ambivalenti. La luce, le pietre, il Barocco, i ritmi di vita, le atmosfere e gli aromi leccesi lo ammaliano, lo rapiscono completamente sino a fargli scrivere alcuni brani, oramai ampiamente noti al suo pubblico. E tuttavia, spesso, lui rimane deluso da Lecce per il suo provincialismo: Max non ama gli ambienti stretti, gomito a gomito. Ma, intanto, insiste nella sua città, rimane un leccese incallito: non se ne va, come tutti i leccesi che sono rimasti incantati dalla propria città, dal punto della propria origine, dalla magia che Lecce sa esprimere.
Max è una figura storica della musica leggera del capoluogo salentino: è forse il più importante cantautore in lingua italiana. Esordisce negli anni ’70 e solo dopo una lunga carriera, con alterne vicende, odisseiache e mirabolanti, approda alla sua prima pubblicazione, nel 2009: Caffè Buda. Questo titolo esprime la profondità del sentimento di Max per la sua città. Il Caffè Buda, infatti, era un noto e storico bar di Lecce, che insisteva in Piazza S.Oronzo e che chiuse i battenti, forse negli anni ‘60. Qui, in questo album, Max affronta tematiche prevalentemente sociali. Un Cd che ha un successo significativo e che lo porterà, nel 2016, alla sua seconda pubblicazione: Tempo. In quest’ultimo volume prende in considerazione il tema dell’amore, dove abbondanti sono l’uso delle metafore e delle allegorie: nelle sue canzoni non si cita mai la parola amore. Velato, da intravedere, presente eppure assente, l’amore viene descritto sotto gli aspetti più significativi, in una proiezione sentimentale, di passione, con raffinatezza inusitata. E’ un Cd, che sin dalle prime battute ha riscosso un significativo consenso del pubblico e della critica.
Negli ultimi anni, numerosissimi sono stati i suoi concerti, di varia caratura. Domenica prossima, 28 maggio, Max sarà però al Teatro Paisiello per un recital in onore di Roberto Vecchioni, suo vero punto di riferimento musicale. Lo spettacolo –E la Tempesta Ci Sorprese- ricco di performances artistiche di vario genere e finanziato e proposto da Carlo Mignone, costituisce per Max un vero punto di svolta per la sua carriera, che qui sigilla la sua portata e valenza.
Conosco Max da molti anni, anche se le nostre frequentazioni sono state episodiche. La prima volta che ci incontrammo fu nel 2010, in occasione della presentazione di un mio volume al bar Manhattan di Lecce. Anche con lui, il solito caffè –questa volta al bar Bello- per mettere a punto quest’articolo e per respirare con attenzione le atmosfere di cui Max si circonda. Inutile dire, che lui, a conferma di quanto scritto, ha tutte le caratteristiche del leccese tipo. E il suo sguardo, indagatore e guardingo al tempo stesso, esprimono la sua natura profonda, che si sostanzia poi in una persona fortemente pragmatica, in cui transita una spiritualità antica, ponderata e saggia, che ne fa una persona estremamente gradevole.
Oggi, tra Lecce e la sua provincia, molti sono i cantautori, ma forse Max sintetizza più di tutti la leccesità, la salentinità, quella più nobile, quella di cui noi tutti parliamo e ci vantiamo, senza giungere a conclusioni compiute tuttavia, che Max invece esprime con semplicità e naturalezza.
Mauro Ragosta